Leggo che il DNA ricorda ogni cosa, segna a suo conto, scrive sull’elica. Tiene memoria di un odore, del bene, del male e dei loro incidenti. La scienza dice Epigenetica e finalmente capisco perché ho un corpo che sente quel che è successo, quel che succede.

So di quello, il primo, il nonno di tutti i miei nonni passato dall’Africa al continente Europa. Ancora non bianco, non nero, né giallo. So di tutti i viaggi successivi, di tutti i sangui mischiati che oggi fanno il mio sangue. Conosco i muri: chi li ha costruiti, chi li ha abbattuti. Il filo spinato: chi l’ha messo, chi l’ha strappato. Il DNA ricorda l’offesa fatta e quella subita. Deve essere scritto sull’elica perché mi sono fratelli i popoli oppressi e vicine tutte le periferie. Da chi ho ereditato l’inquietudine zingara, quale partenza ha lasciato la traccia?

Ricordo -ma ignoro come- il dolore dell’offeso, la violenza dell’oppressore. Per uno ho pietà, per l’altro vergogna. Altri al posto mio hanno subito ingiustizie e torti: ne porto i segni, non tollero le disuguaglianze. Da qualche parte, in qualche tempo, sono stato respinto e battuto, senza parole in una lingua forestiera.

In altre epoche, per altri luoghi, sono stato tra i vinti o tra i vincitori, sono stato in prigione e altre volte ho imprigionato. Se così tanto oggi chiedo libertà e giustizia è perché le ho già viste violate: non sui libri, ma nella carne.

Mentre invecchio il mio corpo raccoglie in eredità altra saggezza, attraverso un tocco, uno sguardo, una parola detta, un rigo di libro.

Forse è questo che chiamiamo anima, io credo una traccia di Dio: la incontro molto nei boschi, ma anche a riva di mare, camminando. Comunque passa dai piedi, benedetta la strada, benedetti gli incontri.

Ho questa memoria genetica, che conosce sull’umanità tutto ciò che c’è da sapere. Sono io a doverlo ricordare. Sono io a dover ricordare che è già successo – ne parla il DNA- che alcuni abbiano odiato e perseguitato, che altri abbiano accolto. Sono io a dover ricordare da che parte stare, che esiste solo una parte dalla quale stare. Che tutti i muri nella storia hanno sbagliato, che nessuna terra è perduta, nessuna persona straniera.

 

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