di Eduardo Grove (II parteEditorial-illustration-by-Riki-Blanco-for-an-article-about-self-esteem-Peso-Perfecto-Magazine-2012-600x794) –

Streuso, questo il suo nome, lasciò casa sotto lo sguardo languido della notte, quello rassegnato della madre e quello malinconico del padre, offuscato in parte da un velo di sospetto che quanto andavano dicendo da mesi i Protostorici potesse in fondo essere vero.

Si pentì subito, d’altronde, di aver notato quella sfumatura nell’espressione del padre e quasi tornò indietro a smentirla.

Egli era uno dei primi a partire, assennato e di carattere forte si ripromise di non rivelare mai di essere un Marameo: non se ne vergognava, certo, ma non voleva neanche che si pensasse ai Maramei come a un popolo incapace che fugge in cerca di chi lo nutra e protegga.

Vagò per mesi, per città, per paesi e raramente sentì parlare del suo popolo, eppure vedeva talvolta qualche oggetto che riconosceva, abiti tipici, collane, portafortuna; ma se chiedeva per curiosità da dove venissero nessuno sapeva essere preciso: – Dalla terra dei Protostorici- diceva qualcuno.

E il suo sorriso si mutava in cruccio.

Vivere nella terra dei Barocchi divenne presto complicato, il suo modo di essere, espansivo e spontaneo risultava spesso invadente e superbo, e la consapevolezza di ciò lo rese lentamente taciturno, quasi scontroso.

Non gli piaceva, ma non si perse d’animo.

Ragionandoci su aveva trovato un piccolo impiego che gli fruttava il necessario per vivere e lo rendeva orgoglioso: raccoglieva il tempo perso dei Barocchi e lo rivendeva per le strade.

Un giorno si presentò un giovane robusto che ricordò a Streuso la sua terra.

Era tanto che non ne aveva notizie così provò a chiedere.

Il giovane, anch’egli ben lieto di riconoscere in lui un conterraneo, cominciò a raccontare la sua storia: era figlio di un saggio protostorico ed era stato mandato dal padre nel paese dei Barocchi per studiare e imparare ad essere moderno, ma anche perché, disse scurendosi in volto e con un  tono di voce più basso e rabbioso, da qualche tempo la felice terra dei Protostorici era in stato di agitazione a causa di un gruppo di estremisti della stirpe dei Maramei, ignoranti e vagabondi che sfruttavano il benessere dei Protostorici per vivere da parassiti, pretendendo di non rispettarne neanche le leggi.

Streuso, che aveva tenuto fino ad allora fede al suo proposito, stavolta non si trattenne dal rivelarsi.

Parlarono a lungo scambiandosi reciproche accuse e offese  ma quasi contenti di poterlo fare.

Il giovane infatti tornò spesso da Streuso a comprare il suo cartoccio di tempo perso, secondo un vezzo appreso dai giovani barocchi che frequentava.

Finché un giorno, sfilando una banconota dal portafogli, gli cadde un piccolo fiocco rosso.

Streuso finse di non aver visto: era il premio che i Maramei offrivano ai danzatori del loro tipico gioco.

Quel giovane doveva essere in realtà un marameo che forse per paura, bisogno o semplice conformismo aveva deciso di rimuovere le sue origini e presentarsi come un Protostorico, per rendersi più meritevole agli occhi dei Barocchi.

Perché lo facesse anche con lui e con tale convinzione non lo capiva, ma non disse nulla e da quel momento si mostrò così freddo e scostante  che il giovane finì per non tornare più.

La cosa non lo turbò particolarmente ma la notizia della guerra che intanto i protostorici avevano dichiarato al suo popolo non finiva di tormentarlo.

Giorno dopo giorno apprendeva dai quotidiani barocchi di Maramei vendicativi, vili attentatori, violenti e mistificatori della realtà, e non si dava pace.

Come era potuto accadere tutto questo? Ingannati e poi oppressi dai loro stessi concittadini e circondati dall’odio e dalla riprovazione di tutti gli altri popoli che pur non conoscendoli per nulla li ritenevano colpevoli dello stato di miseria in cui versava la loro terra, i Maramei erano dipinti ormai come un pericolo da scongiurare, come l’uomo nero, come un’epidemia di cui arrestare il contagio.

Sempre più numerosi intanto i Maramei che scampavano all’ira dei Protostorici fuggivano verso il paese dei Barocchi cercando di rendersi invisibili o di convertirsi immediatamente anche loro in barocchi per evitare guai.

E quanti protestarono timidamente l’innocenza dei Maramei o misero in dubbio la legittimità della ostilità contro di loro finirono presto col chinare il capo davanti all’evidenza di fatti non verificabili.

Andò così, fino a quando dei temibili Maramei, finalmente schiacciati dall’eroica reazione protostorica, scovati ed eliminati in giro per il mondo dalle sofisticate intelligenze locali, non si senti più parlare.

Passarono anni e pareva davvero che non ne fosse rimasto più neanche uno.

Uno però era di sicuro rimasto.

Streuso era partito dal suo paese già quasi adulto e con una solida coscienza di se’ che le maldicenze degli altri popoli e la vigliaccheria di tanti suoi fratelli non erano riuscite a scalfire.

Sconsolato rimpiangeva la serena giovinezza dei suoi genitori, quella che lui aveva solo assaggiato senza gustare a pieno, e così rimestando in un passato che a lui non era stato concesso, finì davanti ad una libreria in cui era in corso la presentazione di un libro.

Si affacciò, senza illusione di trovare niente di interessante e vi trovò invece il giovane Marameo spacciatosi a lui come Protostorico e ormai non più giovane, che ora sosteneva, elegante nella sua nuova identità barocca, la necessità politica di riscoprire quell’antica civiltà maramea ormai scomparsa, esaltandone il valore rivoluzionario, e la straordinaria modernità, celebrandone la capacità di coniugare una nuova visione dell’individuo con la spirito solidale e l’intima adesione ai ritmi della natura.

Il libro andò a ruba, il filosofo, acclamato da giovani ribelli e vecchi sovversivi come guida di un rinnovamento spirituale e profeta di un ideale tutto nuovo, chiariva le sue rivelazioni e gli ultimi dubbi con commossa disinvoltura.

Tutti ridevano e speravano, felici di aver trovato una nuova fede in cui credere, pronti a fondare immediatamente una nuova associazione, o forse un partito, o meglio ancora un grande movimento fondato sugli eterni principi della dottrina maramea.

Anche Streuso sorrise con loro: – i Maramei dovevano scomparire per rendere felice qualcuno- pensò.

Cercò tra la folla il modo di incrociare per un attimo lo sguardo del filosofo e furtivamente gli fece il gesto tipico dei Maramei.

Senza neanche osservarne la reazione uscì, e lasciato lo scatolone con il tempo dei Barocchi e con esso l’amarezza del suo tempo ormai perso, se ne andò.

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