Città-ideale-dipinto-conservato-alla-Galleria-Nazionale-delle-Marche-a-Palazzo-Ducale-da-sempre-di-incerta-attribruzione

 

 

– Il Furibondo

Bisogna chiedersi: che città abbiamo in mente? Quale città vogliamo costruire?

Abbiamo appreso con entusiasmo della fine dei lavori di restauro di uno dei due forti umbertini di Pentimele, uno di quei luoghi che sono entrati a far parte dell’immaginario e dell’idioma dei reggini, al punto che molti lo conoscono anche senza esserci mai stati. Ambientazione fiabesca di amplessi furtivi, di esperienze adolescenziali ed extraconiugali. Quasi un luogo leggendario, solo per caso anche reale. E ci siamo fermati a riflettere sulla scelta dell’amministrazione comunale di coinvolgere la cittadinanza reggina nella fase decisionale della destinazione del forte di Pentimele. La sollecitazione della partecipazione dal basso è un’ambizione meritoria, importante, degna di tutto il sostegno possibile: nessun dubbio su questo.

Ma il fatto di essere a Reggio Calabria giustifica forse strumenti di partecipazione/non partecipazione? Per noi è necessario valutare meno istintivamente, farsi qualche domanda non tanto sul merito della vicenda quanto piuttosto sul metodo.

Siamo convinti che ciò che ha caratterizzato Reggio (tra le altre cose) negli ultimi quarant’anni almeno della sua storia politica e urbanistica sia una totale, spesso dolosa, sempre miope, mancanza di pianificazione. Mancanza di visione complessiva di cosa sia e si voglia che diventi la città, quali i suoi problemi, le vocazioni e le emergenze, quali le soluzioni e le possibilità per realizzarle. Mancanza di un progetto globale, organico, armonico e funzionale che prenda atto del presente, tenga in considerazione l’esperienza – anche di altre realtà- e immagini il futuro scegliendone nettamente la direzione. Mancanza, dunque, di un immaginario culturale ampio e consapevole di cui la politica si faccia motore, espressione, strumento attraverso metodi di azione efficaci, efficienti, al riparo dal sospetto di populismo spicciolo e millantatore.

Pensare in modo disorganico e occasionale la destinazione d’uso di un bene storico, artistico, paesaggistico – per quanto nel benemerito principio della condivisione e partecipazione – rischia forse di perpetuare la pericolosa attitudine al pasticcio incongruente che ha creato in città decine di luoghi con enormi potenzialità inespresse, mortificate o in stato di degrado e abbandono con l’aggravante dello sperpero di denaro pubblico? La risposta è sì: il rischio è esattamente questo e gli esempi in tal senso sono molteplici, dal Parco di San Paolo alla rotonda (al secolo Parco Baden Powell) ai vari parchi archeologici disseminati sul territorio e incapaci di entrare in un circuito integrato con il nuovo Museo o semplicemente di resistere alla tentazione di diventare discarica (Mura del Trabocchetto, Scavi di Occhio di Pellaro, o scavi di Piazza Garibaldi solo per citarne alcuni), dall’Arena Lido all’area del tempietto, da Ecolandia a Piazza Duomo, brutta senz’anima, l’ultima delle occasioni sprecate per dare un luogo di incontro e coesione ad una comunità senza identità.

La proposta è dunque quella di stabilire un principio che del valore della partecipazione collettiva faccia un metodo virtuoso, serio e duraturo indirizzato da strategie politiche ben precise e tra loro coerenti, al riparo da meschini interessi di lobby quanto da improvvisazioni dilettantesche. Lo strumento in questi casi c’è, non occorre inventarsi contest sui social, televoti o applausometri. Sono i concorsi di idee pubblici, opportunamente strutturati e vincolati da una regia politica che, in una prospettiva ampia e complessiva, persegua finalità e obiettivi a medio e lungo termine coerenti con un proprio progetto.

Se siamo città metropolitana, immaginiamoci tale. Senza scivolare su scelte social ma molto provincialistiche. Vedreste voi un bel contest su facebook in cui si chieda: cosa volete farne di questo ospedale appena terminato? Cosa volete farne del Colosseo restaurato? E di Palazzo Ducale? E della Galleria Umberto? E della Pinacoteca Brera? Partecipazione dal basso, non al ribasso!

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here