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Rileggere l’Odissea, il libro sacro degli erranti. Se soltanto scuoti il libro, se lo capovolgi, senti il rumore del Mediterraneo. Sotto i colpi delle armi, sotto i singhiozzi di Ulisse, la tempesta dei massi di Polifemo, le parole degli dei, sotto i belati delle capre, i proclami degli eroi, se tendi l’orecchio senti solo il Mediterraneo. È in questo mare che si agitano le ansie degli uomini, le loro frustrazioni, le aspirazioni, i sogni, le nostalgie. Tutto ciò che è umano. Per questo è il Mare Nostro.

Non c’è un rigo, una linea di inchiostro, una pagina sola che dicano l’Europa – fino al suo diventare Europa – senza il Mediterraneo. La storia dell’Europa è il Mediterraneo. Dalle sue sponde africane a quelle orientali, fino alle rive d’Occidente. Il Mediterraneo è una grande biblioteca di onde, raccoglie tutto il sapere di ciò che diciamo “le nostre radici”. Da millenni le idee lo attraversano da costa a costa, i suoi porti sono il primo e grande avamposto di cultura. Ogni naufragio un possibile perduto progresso.

Oggi si insegna che il Mediterraneo è il pericolo, la barriera da sollevare. Farne un muro significa violentare la natura del Mediterraneo. Va da sé che la risacca abbatterà ogni muro.
Oggi si insegna l’Europa senza Mediterraneo: eccola venduta alle banche, all’integralismo della religione, all’integralismo della finanza, al terrore, alla minaccia. Pensare l’Europa senza Mediterraneo è sconfessare l’identità d’Europa.

A Ventotene, nella parte tirrenica del Mediterraneo, si pensò e si scrisse l’Europa libera e unita. In una piccola isola, nel buio pieno della storia. L’Europa parla Mediterraneo.

Rileggere Camus, Kavafis, Hikmet e centinaia d’altri, per rammentare tutto ciò che sappiamo e perché. Tutto Matvejevic, per recuperare all’offesa fatta al mare dell’incontro, dello scambio, dell’accoglienza. Tornare alla scuola del Mediterraneo, per riconoscere l’unico percorso possibile, la Storia che ride in faccia agli accordi per trasformare il mare in frontiera e se ne fotte delle pilotine libiche che sparano addosso ai migranti coi proiettili pagati dagli italiani.

L’Europa senza Mediterraneo è una landa disperata, una moribonda destinata all’oblio della fossa comune. Bisogna farsi convertire dalla tradizione del Mediterraneo, prima che sia troppo tardi, prima che le risse dei partiti e dei sondaggi ci abbiano completamente indottrinati, prima che guardiamo solo a chi è italiano o non lo è, a chi ha diritto all’Europa è chi no.

C’è, prima di questo, una cittadinanza diversa, da riportare a penna sui propri documenti. Cittadinanza: Mediterranea. Vi appartiene chiunque ne abiti una sponda, chiunque lo attraversi, chi ne senta anche soltanto l’odore.

Ascolto oggi il Mediterraneo da Reggio Calabria, una riva dimenticata di terra perdente ( ma non ancora perduta). Ascolto quello che ha da dire, come si sta ad un racconto al fuoco. Noi gente del Mediterraneo possiamo capire il dolore dei senzaterra e sentire forte lo strazio dei senzamare. Ascolto oggi il Mediterraneo, alla sua scuola si apprende lo ius maris: unica via possibile per la pace.

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