protesta31di Chiara Tommasello – Sono una giovane del Mezzogiorno. Lo sono oggi, e lo ero circa cinque anni fa, quando Matteo Salvini, al Congresso dei Giovani Padani, pronunciava delle dichiarazioni decisamente offensive nei confronti miei e dell’intera categoria di cui qui mi sento parte. “Ci siamo rotti i coglioni dei giovani del Mezzogiorno, che vadano a fanculo i giovani del Mezzogiorno! Al Sud non fanno un emerito cazzo dalla mattina alla sera” diceva.

Ora, ritengo che ogni mia iniziativa volta a smontare, argomentando, tali dichiarazioni, sia non solo superflua, ma controproducente. Significherebbe in qualche modo instaurare un dialogo, ammetterle come parte di una dialettica all’interno della quale una mia eventuale risposta non farebbe altro che riconoscere e quindi legittimare – anche solo per contraddirla – la sua tesi iniziale. Non ho nessuna intenzione di farlo. Dialogando con questo signore, farei un torto troppo grande a tutte quelle persone a me vicine che – come me – vivono nel Meridione e che io – pur avendo vissuto in cinque città, tre regioni e due nazioni diverse – riconosco come le più grandi lavoratrici e i più grandi lavoratori che abbia mai avuto modo di incontrare. E poi, affermare – se mai ce ne fosse bisogno – che anche i meridionali lavorano, esula dalla riflessione che qui vorrei fare.

Sono una giovane del Mezzogiorno – dicevo – e stamattina, poco prima di andare – appunto – al lavoro, una finestra lasciata aperta perché entrasse la brezza mattutina ha lasciato entrare nella mia cucina anche una voce, femminile, della quale un megafono amplificava i tratti esortativi ed entusiastici, ed appunto questa voce trionfalmente annunciava il comizio elettorale di Matteo Salvini proprio per quella sera – 14 febbraio 2018 – e proprio a Reggio Calabria, invitando al contempo i sostenitori ad accorrere numerosi.

…Io purtroppo ho un altro impegno, penso lì per lì, ma spero comunque di sbrigarmi in tempo per raggiungere – non il comizio – la contestazione. Contestazione che a dire il vero è stata organizzata con qualche ripensamento e perplessità, ovviamente non per l’evento in sé – contestare Salvini sembra evidentemente a me e a molti la cosa più naturale che si possa fare – ma circa l’opportunità di inscenare una manifestazione di protesta. Gli daremmo troppa importanza, si diceva, lasciamo che passi nel nulla, inosservato, non gli facciamo ulteriore pubblicità.

Può darsi. Ma lui non è solo. C’è chi lo ha invitato e chi lo sostiene. C’è una segreteria politica di Noi con Salvini, a Reggio Calabria. È vicino casa mia, e sono costretta a prenderne atto tutti i giorni.

D’altra parte, si osserva da più fronti all’interno del dibattito e dell’analisi politica attuale, la Lega non è più quella degli inizi, folkloristica, urlatrice, antimeridionale. Ha compiuto la metamorfosi in partito, ha indossato una veste istituzionale e ha sposato un progetto politico di ampio respiro che mira a costruire consenso e rappresentanza su base nazionale. E siccome anche qui al Sud ora chiedono voti, i meridionali non sono più un problema, ma un’opportunità; tanto più che in questi ultimi anni si è imposto con una potenza inaudita, in questo mio povero paese allo sfascio, il “problema” di quei “meridionali ulteriori”, che sbarcano ogni settimana sulle nostre coste e che accogliamo con sollievo per la loro sorte e fraterni abbracci, nascondendo loro allo stesso tempo, con un nodo in gola, che i loro problemi non sono affatto finiti, perché sono così poveri, così indifesi, così privi di rappresentanza e di strumenti per poterla costruire da diventare il perfetto capro espiatorio di una società malata, che in virtù degli istinti meschini e della guerra tra poveri, puntualmente mortifica e complica ogni forma possibile di solidarietà.

Ma a noi meridionali – dicevo – adesso Salvini ci ama. Infatti ha pensato di venire qui proprio il 14 febbraio, San Valentino, per dichiararsi appunto, e comunicare alla nostra città il suo improvviso, sconfinato amore. Ci ama così tanto, Matteo Salvini, che è venuto qui a spiegarci che, pur se viviamo nella capitale della ‘ndrangheta, il nostro vero problema sono gli sbarchi – noi, ingenui, non ce n’eravamo neanche accorti, non l’avevamo ancora capito, ed avevamo anzi affrontato sempre questi avvenimenti con solidarietà umana e soprattutto una mobilitazione cittadina enorme e generosissima. Ci ama così tanto da prometterci le grandi opere, quelle che fino ad ora erano servite solo a rimpinguare le casse – già fin troppo piene – della ‘ndrangheta, restituendo in compenso ai cittadini non ricchezza, né lavoro, né servizi, ma – questo sì – territori  grotteschi, spettrali e deturpati per sempre. Quelle contro le quali ci battiamo da anni, in una continua resistenza che ha il sapore d’altri tempi.

Così tanto, ci ama, da accettare – non solo acriticamente, ma con convinzione ed entusiasmo – il supporto di tutte quelle persone, già ideatrici di quella sciagura abnorme chiamata “Modello Reggio”, responsabili del dissesto, del fallimento e del commissariamento di questa città. Quelli che, fino a qualche anno fa, gestivano la città come un proprio esclusivo dominio, legittimando i sistemi di clientele, la corruzione sfrenata, il governo dell’arroganza, la supremazia del più forte.

Ci ama proprio Salvini, adesso.

protesta13E allora io, per ricambiare, gli regalerò due striscioni. Sul primo scriverò: “REGGIO NON ACCOGLIE CHI RESPINGE”, perché sono fermamente convinta che la vera forza della mia terra sia il suo essere frontiera e non confine, crocevia mediterraneo, punto d’incontro di popoli e persone che la hanno nel tempo eletta come casa, e che hanno fatto sì che io, in qualsiasi posto vada, non possa mai sentirmi del tutto straniera. Grazie alla storia della mia terra, io sento che è il mondo intero a scorrermi nelle vene, e mi piace. Se dobbiamo quindi costruire barriere, è solo per respingere chi manifesta l’assurda pretesa e volontà di cambiare questa nostra profonda natura per trasformarci in una fortezza impenetrabile e idiota.

…A pensarci bene, forse, chi vuole tutto questo non ci ama, non ci ama neanche un po’. E allora il secondo striscione lo scriverò in dialetto, perché non esiste nessuna altra lingua ugualmente capace di riaffermare allo stesso tempo la fierezza della propria – vera – storia e l’ironia, la vivacità, il sovvertimento di un mondo che in questo momento non ci piace, aprendo una finestra su altri mondi possibili. “SALVINI, NDI RUVINASTI U SAN VALENTINU” scriverò, perché, grazie alla tua presenza, delle molteplici manifestazioni di quel sentimento fondamentale che muove il sole e le altre stelle e che siamo soliti chiamare amore, stasera in questa città non ne vedremo nemmeno una. Ci hai fatto passare la voglia insomma.

Poi, con questi striscioni, mi recherò convinta alla manifestazione di protesta e, unita a molte e molti, farò in modo che sia più rumorosa possibile, affinché domani si sappia che in questa città, se qualcuno ti invita, qualcun altro si ribella.

Perché tu, nonostante quello che adesso dichiari e anche se hai eliminato la parola Nord dal nome del tuo partito, tu, in realtà, continui ad odiarci. Sei sempre quello di cinque anni fa; ci mandavi a fanculo allora e continui a farlo oggi, in ogni tuo atto, in ogni tua mossa.

E allora io, Salvini, sentitamente, ricambio.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here