“Countdown verso l’abisso” (“Stern”), “Tutti impresentabili” (FAZ), “Italia – bomba a orologeria” (“Die Zeit”): ecco alcuni titoli sui media tedeschi al 5 marzo dopo le elezioni politiche in Italia. I commenti sui giornali della Francia, dell’Inghilterra e di altri paesi dell’Unione Europea non erano meno allarmistici. La vittoria del M5S e della Lega sono stati interpretati quasi all’unisono come un grande pericolo non solo per la coesione dell’Italia ma dell’Europa intera. “Il debito dell’Italia è talmente alto che potrebbe mandare all’aria la zona euro. La miccia si è accorciata parecchio con queste elezioni”, ha scritto la “Die Zeit”, testata di liberal-sinistra di spicco. L’Europa è spaventata e disorientata da quello che è successo il 4 marzo nel suo sud.

l’Italia è diventata, ancora una volta, il laboratorio di ricerche politiche del vecchio continente. Se si sommano i voti del M5S, della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia si arriva al 70 per cento. Che vuol dire: più di due elettori italiani su tre hanno dato il loro voto a partiti populisti che nella campagna elettorale hanno fatto promesse del tutto irrealistiche e non finanziabili – a cominciare dal reddito di cittadinanza e dalla flat tax con l’irpef al 15 per cento. Un’ondata di populismo e di protesta di queste dimensioni finora non si era vista in Europa e nemmeno negli Stati Uniti dove il super-populista Donald Trump si è dovuto accontentare del 50 per cento. Un altro aspetto nuovo è costituito del fatto che – almeno nel caso dei grillini – la protesta non ha più uno specifico colore politico. Finora il populismo e la protesta anti-establishment e l’anti-europeismo era di destra e di estrema destra, raramente anche di sinistra. Il grillismo non è né l’uno né l’altro e allo stesso tempo tutti e due. Ci voleva un comico per inventarsi un modello così.

Comunque, non è la prima volta che in Italia nasce un sistema politico del tutto nuovo. È successo all’inizio degli anni novanta del secolo scorso al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Nell’anno 1994, con Silvio Berlusconi, per la prima volta in Europa è stato eletto come premier un miliardario e tycoon della tv.

L’elezione dell’uomo più ricco e più potente (e accusato in vari processi penali) d’Italia per l’incarico più importante del paese ha creato una situazione anomala e un nuovo modello di governo in Europa. “Sua Emittenza” ha trasformato l’Italia in una “mediacrazia”: Come un dittatore – ma senza cambiare il paese in una dittatura – Berlusconi tramite i suoi canali tv si rivolgeva direttamente al popolo. Il parlamento è stato ridotto a una messinscena – dove i deputati approvavano le decisioni che Berlusconi aveva prima comunicato in tv. Come se non bastasse, Berlusconi ha introdotto nelle democrazie europee occidentali il populismo volgare e la personalizzazione della politica dove non contano più i partiti e i loro programmi, ma le persone e la notorietà.

“Se a prima vista Berlusconi può apparire un fenomeno bizzarro, incomprensibile e squisitamente italiano, osservandolo più da vicino sembra una figura d’avanguardia, che esprime molte delle tendenze principali della politica dei nostri giorni”, scriveva il giornalista e saggista statunitense Alexander Stille, per tanti anni corrispondente a Roma e molto esperto delle vicende italiane, nel suo libro “Citizen Berlusconi – Vita e imprese” già nel lontano 2006. Ecco: una figura d’avanguardia, inaudita, mai vista prima. Nella citazione sopra bisogna solo sostituire il nome di Berlusconi con quello di Beppe Grillo o Luigi Di Maio – e ci accorgiamo che la citazione va a segno anche oggi. Siamo – e con noi tutta l’Europa – di nuovo testimoni di un esperimento politico con un esito del tutto ignoto. E il teatro di sperimentazione sarà ancora una volta l’Italia, e questa volta innanzitutto il Mezzogiorno che ha votato a valanga per la futura e ignota “Terza Repubblica”, la “Repubblica dei cittadini italiani”, come la chiama Luigi Di Maio.

Come lo era Berlusconi anche i grillini oggi sono l’espressione delle “tendenze principali della politica dei nostri giorni” – che sono, non solo in Italia, la sfiducia e la rabbia post-ideologica contro “l’establishment”, il nichilismo, l’egoismo, il vuoto di valori e – tranne promesse irrealizzabili come il reddito di cittadinanza – proposte. Nel sud dell’Italia, abbandonato dallo Stato centrale, con doppia disoccupazione e metà del pil rispetto alla media nazionale, era facile trasformare la frustrazione della gente in voti. Scrive Roberto Saviano su “La Repubblica”: “Le inchieste, gli scandali, le prassi disinvolte e spregiudicate hanno spinto molti elettori del Sud ad accorciare il proprio sguardo, a smetterla di puntare all’Europa per iniziare invece a occuparsi e preoccuparsi solo di ciò che accade a un metro da sé. Come si può pensare all’Europa se le cose qui non vanno bene? Lo scetticismo diffuso è stato una chiamata alle armi e il partito che più di tutti ha risposto al bisogno di essere coinvolti in prima persona è il M5S.”

Certo: La Terza Repubblica con un premier Di Maio non è ancora nata. Forse non nascerà mai. E se nascerà, molto dipenderà dagli alleati di governo. L’ipotesi che spaventa di più i partner europei è quella di un governo M5S-Lega, cioè una coalizione anti-europea e xenofoba, altamente inaffidabile, che allo stesso tempo abbasserebbe drasticamente le entrate (con la famosa flat tax della Lega) e aumenterebbe in modo altrettanto drastico la spesa (con il reddito di cittadinanza del M5S) – e tutto questo in presenza di una montagna di debiti già esistente. Molto probabilmente ci vorrebbero solo uno o due mesi per portare l’Italia al punto in cui si trovava già dopo l’esperimento con Berlusconi nel novembre 2011: sull’orlo della bancarotta. Invece un governo M5S-PD spaventerebbe molto meno gli spettatori esteri – politici competenti e autorevoli come Paolo Gentiloni e Piercarlo Padoan sarebbero visti come una garanzia che l’Italia non farà salti nel buio.

Si vedrà come va a finire. Di proposte concrete e realizzabili per cambiare il paese e soprattutto il Mezzogiorno il M5S ne ha presentate poche. E il capo politico, cioè Di Maio, è un uomo senza esperienze lavorative e senza curriculum (come tra l’altro anche il leader della Lega, Matteo Salvini). Finora la vittoria storica dei grillini nel Mezzogiorno aveva comunque il merito di aver impedito una vittoria altrettanto storica del centrodestra xenofobo a trazione leghista. E allo stesso tempo gli elettori del sud hanno detto no al voto di scambio, al nepotismo-familismo, alla corruzione, ai vecchi centri e cartelli di potere, spesso collusi con la mafia. Questi sono meriti non da poco. Ma ora il M5S ha una responsabilità enorme: viene visto da milioni di elettori come ultima speranza – e deve dare prova di essere davvero migliore degli altri. Le esperienze con le giunte comunali targate M5S a Roma e Torino non promettono tanto bene – e com’è finita l’ultima grande sperimentazione politica in Italia, quella con Berlusconi, è noto.

Il 4 marzo l’Italia e soprattutto il Mezzogiorno sono diventati ancora una volta un laboratorio politico di grande portata – e l’Europa, allarmata, sta guardando con il fiato sospeso.

 

Dominik Straub è giornalista e corrispondente per l’Italia e il Vaticano a Roma (socio dell’Associazione della Stampa Estera in Italia dal 2003). E’ cittadino svizzero.

Scrive per: “Der Tagesspiegel“(Berlino); “Luzerner Zeitung“ (Lucerna); “Basler Zeitung“ (Basilea); “Der Standard“(Vienna); “Luxemburger Wort“(Lussemburgo) e altre testate.

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