Giuseppe Scopelliti non è la vittima innocente di un Potere. Giuseppe Scopelliti è un potente che non è rimasto impunito.

Le scontate e rispettabili manifestazioni di solidarietà delle persone a lui più vicine non possono sorprendere l’opinione pubblica, che deve invece, sempre più convintamente, esprimere vicinanza alla magistratura. Quando si ha a che fare con i potenti c’è sempre una fetta di società che non sa capacitarsi di come possa essere punita una gestione amministrativa disinvolta, ambigua e contraria alla legge. Tant’è. Dell’Utri, condannato in Cassazione per un reato ben diverso, concorso esterno in associazione mafiosa, ebbe perfino una pagina di solidarietà sul Corriere. Scopelliti riceve, più modestamente, l’endorsement di alcuni  professionisti e notabili locali (di ogni schieramento), improvvisamente timidi e delicati nell’affrontare una questione lampante come il sole. Scopelliti è colpevole.

Proviamo a mettere ordine e a definire, nella dimensione sempre più sottile che separa sfera pubblica e sfera privata, come la vicenda di Giuseppe Scopelliti possa essere raccontata a seconda dei piani.

Scopelliti uomo. C’è il suo mondo di relazioni e affetti, tutto quel patrimonio privato che va rispettato e tutelato in ogni maniera. Così come deve essere per ogni altro individuo, sia esso incensurato o pregiudicato. È logico che gli amici e i familiari di Scopelliti lo rappresentino per come lo conoscono nella dimensione privata. Il toccante messaggio della figlia, gli altrettanto toccanti messaggi degli amici si sommano a quell’ampia memorialistica che accompagna, più spesso privatamente, qualunque persona si appresti a varcare la soglia del carcere. Quello degli affetti è un terreno sacro e non va in alcun modo valicato. Allo stesso tempo, però, questa dimensione privata non può modificare il ritratto pubblico dello Scopelliti uomo. Che, uomo perbene per e con le persone a lui vicine, non si è dimostrato altrettanto assennato (come riconosciuto in ben tre gradi di giudizio) nella gestione dell’amministrazione pubblica. Una comunità sana ha comunque il dovere di chiedersi: è perbene una persona che falsifica il bilancio comunale e addossa ogni responsabilità ad una dirigente morta e che non può difendersi? Lo Scopelliti uomo interessa all’opinione pubblica nella misura in cui quest’ultima può e deve farsi carico degli errori commessi dal primo e accompagnarlo responsabilmente ad un reinserimento nella comunità, preservandone la dignità e rispettandone i diritti. Come deve essere per ogni altro reo.

Scopelliti politico. Un bolide, un fenomeno per la politica locale. Ha il merito di essersi formato tra la gente, di aver fatto tutta la gavetta ed essere divenuto, in breve tempo, un protagonista. La sua è quella tipica formazione politica di destra di un tempo. Cresciuto fra la gente e capace di intercettarne e orientarne la pancia. Temperamento veemente e arrogante con gli oppositori, fiero e accorto con i suoi. Rappresentante significativo di quel tipo antropologico che la politica nazionale ha conosciuto con Alemanno, Gasparri, La Russa et similia. Una grandeur che, pur peggiorando sensibilmente e forse definitivamente il destino di Reggio Calabria, ha comunque la sua forza nell’aver donato un immaginario in cui identificarsi. O da contestare. Il Modello Reggio, devastante e attiliano, è, ad oggi, l’immaginario con cui misurarsi. Una narrazione farlocca che, in disprezzo dalle regole e quasi fuori dallo Stato, ha consegnato a gruppi di potere la sensazione di poter disporre della città e delle sue risorse e ai poveracci la sensazione di essere invitati ad una festa, ad un trionfo di birra e salsiccia. L’eredità di quel Modello pesa ancora – e per almeno altri vent’anni sarà così- sulle tasche dei cittadini. Tre condanne ( primo, secondo e terzo grado per Scopelliti) e lo scioglimento del Comune ( sindaco Arena) hanno dimostrato che “qualcosina” in quel modello non andava. Questa è la sintesi politica di Scopelliti. Una sintesi che conferma come la città sia stata   gestita in modo scellerato. Sentenza che in una città come Reggio trova però fatica ad affermarsi. Responsabilità di una classe dirigente impreparata e di una società che non riesce a fare blocco nella costruzione di un immaginario diverso e giusto.

Scopelliti detenuto. È l’aspetto che merita più rispetto, il più delicato. Piero Sansonetti ha scritto: “Scopelliti in cella, ora l’Italia sarà migliore?”. La domanda è stupida e mal posta. Andrebbe fatta ogni qual volta una persona viene arrestata, per qualunque reato. È migliore la società quando qualcuno finisce in galera? Crediamo di no, ma non è questo lo spazio per riflettere e rispondere. Questo è, al momento, il nostro sistema di espiazione e riabilitazione. La legge che garantirebbe pene alternative per tutti ( e non solo per Scopelliti ) giace in Parlamento da un paio d’anni. Il punto è: può la detenzione aiutare davvero Scopelliti in quel percorso di rieducazione e riabilitazione sancito nella Costituzione? Potrebbe una pena alternativa aiutarlo maggiormente, sostenerne meglio il percorso? Nessuna comunità deve chiudersi alla realtà del carcere. La riabilitazione di Scopelliti dipenderà anche dalla capacità della città di riconoscerne le colpe senza essere ultras. Né da una parte, né dall’altra. Nell’ingresso in carcere, per qualunque persona e per i suoi familiari, c’è una sofferenza che va compresa e che non deve mai cedere alla colpevolizzazione e all’isolamento. Allo stesso tempo, però, occorre rammentare –e porre come elementare lezione di educazione civica- che Scopelliti è attualmente detenuto perché è indiscutibilmente colpevole. C’è qualcuno che dice: paga lui per tutti, e gli altri? Osservazioni scontate. Non esiste una responsabilità collettiva o conto terzi. La responsabilità, anche in un delitto con molti protagonisti, è sempre individuale. Scrive Hannah Arendt: “ Esiste una cosa che si chiama responsabilità per le cose che si sono fatte: si è responsabili di esse”. Tanto basti.

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