Tornato a notte fonda, a passi frettolosi e gesti grevi,

si coricò distratto quasi fosse ieri;

l’umore ambiguo di chi porta addosso

un carico ingombrante

di algebriche passioni, di giorni semiseri,

di dubbi addormentati come libri sul comò.

Senza sapere come va a finire, passò, d’un tratto, dalla veglia al sonno

e senza ancora rendersene conto

si ritrovò impreparato al nuovo giorno.

Si ridestò disfatto come fosse sveglio

e uscì dal letto sbattendo le coperte,

uno sbadiglio stiracchiato, sospiri a rendere, grattate a caso;

lo sguardo muto verso un sogno estinto:

che abbaglio di certezze, che vano incanto!

Accanto a sé quel vecchio peso d’inadeguatezza

e intorno il freddo austero del mattino presto.

E’ buio pesto.

E a fargli compagnia

il passo greve e i gesti frettolosi

fino a quel bar laggiù in fondo alla via.

All’ombra del caffè pensieri logori si fanno largo a branchi, a grappoli, a saette.

Il cliente ordina il barista serve.

Sbadigliano le sette.

La notte, confortante, sfuma tra le pieghe dell’Aurora

La luce più del buio fa paura

e inganna le coscienze,

annega convinzioni in un mare di certezze.

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