Giornata intensa. Il Ministro Salvini visita la Baraccopoli e la Tendopoli a San Ferdinando. Quello che c’è, quello che si trova, quello che si vede e quello che si sente, diventa inevitabilmente oggetto di rappresentazione.
C’è Cibo per chi urla “aiutamoli a casa loro”, “prima gli Italiani”. Inevitabilmente purtroppo ne beneficia anche un campagna politica che non punta a risolvere i problemi ma ad accentuare le divisioni, centrandosi sul nemico, sull’altro diverso da noi che toglie qualcosa a noi e alle nostre sicurezze. L’algoritmo delle nostre paure viene in qualche modo sedato dall’uomo che le incarna, le fa emergere e percepire e le risolve con i suoi modi forti e bruschi, che sembrano sempre a un passo dalla soluzione senza mai essere soluzione. Si costruisce un fantoccio che nega il “restiamo umani” ma nasconde il contesto e i contorni su cui sono costruite la Baraccopoli e la Tendopoli di San Ferdinando.
Vediamolo il contorno:
1) la baraccopoli e la tendopoli non dovrebbero esistere;
2) la baraccopoli e la tendopoli esistono per il solo fatto che ci sono migliaia di immigrati, con permesso di soggiorno regolare o in via di definizione, che, causa lavoro, si spostano tra Campania, Puglia e Calabria, per essere impegnati in agricoltura. Risiedono da tanti anni in Italia (10-15 anni). Molti di loro lavoravano regolarmente e stanzialmente in aziende del nord che la crisi ha soffiato fuori dal mercato del lavoro. L’alternativa poteva essere vivere di marginalità assoluta e di pratiche illegali. Hanno scelto il lavoro e la dignità del lavorare, seppure le regole di ingaggio, le condizioni in cui lavorano e in cui vivono, non sono ne dignitose ne accettabili. Ma lo fanno e da quello che ne viene non possono certamente permettersi una casa e un automobile. Così rimane la possibilità di costruire un rifugio e, nel migliore dei casi, possedere una bicicletta con la quale spostarsi. Baracca accanto a Baracca, nasce la Baraccopoli, un luogo inaccettabile, in se e per se, e non solo perché all’interno di questa comunità ci possono essere pratiche devianti, che queste già ci sono anche nelle comunità che abitano in appartamenti di 300 mq, con ascensore interno e la macchina di lusso parcheggiata nel garage coperto.
3) A qualche km dalla baraccopoli, se ne trova un’altra, inanimata, squallida e silente, composta da centinaia di capannoni industriali, su cui si sono sprecati decine e centinaia di milioni di euro, su cui era riposta la speranza di uno sviluppo economico del territorio che ha sbattuto la testa nei cancelli che delimitano l’area del Porto di Gioia Tauro. Qui ci abita prigioniera in un reticolato che tutto respinge, la dignità dei Calabresi, che ha rinunciato anche a protestare, o meglio che sta imparando a protestare per le cose sbagliate, contro le persone che non lo meritano. E’ l’epilogo di un “aiutamoli a casa loro” i calabresi, che è stato sostituito da “lasciamoli in condizioni di sottosviluppo”, tanto emigreranno, clandestini con “diritto” di cittadinanza” e quelli che non lo faranno, torneranno comodi per futuri calcoli politici. Una scia di disoccupati, inoccupati, sottooccupati e preoccupati calabresi rappresenta la traccia inconfutabile.
4) Così si stagliano all’orizzonte due Baraccopoli, la minore, quella dei Migranti e la maggiore, quella dei Calabresi. Sulla prima si accendono di continuo i riflettori, per accecare chi potrebbe, dovrebbe o vorrebbe, guardare la seconda. In questo gioco di luci ed ombre, continua ad imperare sovrana la ‘Ndrangheta, succhia quel po’ di linfa che è rimasta una classe politica che ha costruito la propria fortuna sulla miseria materiale e immateriale della nostra terra, volano alti gli interessi da parte di chi, a doppia faccia, da una parte acclama l’uomo forte per la sua campagna di odio, e dall’altra non si fa scrupolo di assoldare manodopera a basso costo e senza diritti, che altro non sono che quelle plastiche altamente infiammabili di cui sono ricoperte le abitazioni della baraccopoli.

SE SI POTESSE SALIRE UN GRADINO PIU’ IN SU IN QUESTO MONDO CHE NON HA IMMAGINI
Come in una favola di vera coerenza, basterebbe:
1) veicolare lo sviluppo negato riempendo di contenuti i capannoni nel deserto.
2) qualificare e educare le persone al lavoro
3) smantellare la ‘ndrangheta
4) avere una rappresentanza politica che trascende la pochezza e/o la protesta
5) creare cultura
6) restituire dignità all’agricoltura e al Turismo
7) Tutelare l’ambiente e le risorse naturali
8) Accogliere e integrare i migranti.
Il finale sarebbe quello delle favole: e vissero (immigrati e calabresi) felici e contenti.

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