«E anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti»(Fabrizio De André)

 

E poi c’era Jack. Era stato un giovane professore di Inglese all’Università di Los Angeles negli anni in cui, a migliaia, i giovani americani meno bravi al college andavano a morire in Vietnam. Una legge stabiliva che gli studenti migliori, quelli da “A” ad esame (i primi della classe o di prima classe?), fossero risparmiati all’estremo sacrificio per la patria. I più deboli culturalmente (socialmente, economicamente?)erano carne da macello. Solo il prezioso «capitale umano della nazione», recitava la legge classista, meritava di essere preservato. Fu allora che a Jack venne l’idea (buonista, sovversiva, umana?): per salvare, senza distinzione di merito, i suoi studenti da una guerra che avrebbe fatto, alla fine, solo tra i soldati Usa, 60mila morti, non esitò ad andare contro legge e regalare a tutti la sua materia (la letteratura, la vita?) a pieni voti. Quei ragazzi senza “merito” (quanto può essere indecente a volte la meritocrazia!) scamparono alla guerra e il professore fu licenziato.

Lui era Jack Hirschman, leggenda vivente della poesia americana, e andava ancora fiero, quarant’anni dopo, ricordando quei fatti, di aver salvato i suoi studenti pagandone il prezzo. Perché la poesia «evoca l’azione» e Hirschman, poeta d’azione, ha «l’abitudine di identificarsi con le persone più vulnerabili, rom, homeless, emarginati: il simbolo stesso – sono parole sue – della rivoluzione che porto avanti. Loro hanno bisogno di una casa e di cibo. La poesia è la mia lotta per aiutarli». Poesia di sinistra, in tempi di sinistra assente: «la sinistra che non si identifica con i più poveri non è sinistra». Così diceva Hirschman, dieci anni fa, davanti a un bicchiere di vino, la bella voce roca che flautava attraverso i baffi canuti. Accanto, la compagna d’arte e di vita, Agneta Falk. L’intervista, fuori dalle righe (e dalle regole del mondo legalisticamente dato), l’avevo raccolta per “Il Quotidiano della Calabria”, aspettando l’incontro che Giada Diano e i suoi “Angoli corsari” e la Casa della Poesia di Baronissi, avevano organizzato, in riva allo Jonio, con il grande poeta, pittore, attivista politico e traduttore (anche) di Pasolini.

Apro a caso tra i suoi Arcani (i 12 Arcani editi da Multimedia che acquistai per l’occasione) e il pensiero va a Riace, su quello stesso Jonio, al sindaco Mimmo Lucano agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina quando la legge rende sempre più impossibile l’immigrazione regolare, al popolo di donne e uomini (disobbedienti civili?) che si è riunito qualche giorno fa sotto la sua finestra, alle tante manifestazioni di solidarietà arrivate in quello che resta, malgrado tutto e tanto più, un paese modello di accoglienza:

«Dappertutto – scrive Hirschman – la forza della polizia cresce / contro i nostri piani di cambiare il futuro, / e dappertutto la responsabilità è affidata al cuore».

Come è bello il cuore di Jack, l’uomo che per salvare i suoi studenti andò contro legge e perse il lavoro!

Sul frontespizio rileggo la sua dedica: “per Elisabetta, sempre compagna”.

Come è necessaria la compagnia dei poeti, quando la legge vieta di essere buoni.

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