«La dignità di un popolo è sorretta e alimentata dal suo paesaggio e dal suo patrimonio storico e artistico», sottolinea con forza Tomaso Montanari nel suo Patrimonio culturale. Ripartire dall’Abc. Ed il paesaggio non è solo rappresentazione estetica di un luogo, ma ci racconta, con una visione immediata, la sua sostanza e identità culturale. La nostra penisola è stata attraversata per secoli da giovani europei, artisti, illustratori, poeti, che privilegiavano l’Italia come meta per i Grand Tour, per conoscere l’arte, la cultura e l’antichità classica, un tessuto continuo di arte e natura, monumenti, parole e figure di pietra, linguaggi. Si giungeva fino all’estremo Sud ed in questi tour si attraversava anche la Calabria: Edward Lear, Maurits Cornelis Escher, solo due tra i più noti, hanno percorso, disegnato e illustrato il nostro territorio. Perché in Italia, oltre a conoscere il mondo antico, i giovani europei si innamoravano della luce, della storia, dei paesaggi, della natura.
Ma uno sguardo all’Italia ed uno sguardo al territorio di Reggio Calabria dei nostri giorni ci fanno presto comprendere quanto il patrimonio ed il paesaggio siano beni fragili e quanto se ne sia abusato. Già all’indomani della nascita della Repubblica, i padri costituenti avevano saggiamente voluto inserire all’interno della carta costituzionale la tutela patrimonio culturale e del paesaggio italiano, riconoscendo all’arte ed al paesaggio una relazione intima. «Perché in Italia non è necessario entrare nei musei per trovare l’arte e la cultura», dice ancora Montanari, la si incontra per strada, ad ogni passo, inserita nel contesto, nella relazione tra i luoghi.

Ma ci accorgiamo di quanto il paesaggio culturale sia importante, quando rischiamo di perderlo o quando è già perso, ed anziché procurare la felicità o la contemplazione dello sguardo, ci respinge e ci procura un senso di alienazione.
Ho sempre pensato che una delle peggiori eredità lasciateci dal XX secolo sia sicuramente l’architettura di cattiva qualità costruita dal secondo dopoguerra in poi. Nell’ultimo mezzo secolo l’attività costruttiva, non solo italiana, è riuscita a produrre notevoli guasti alla forma delle città ed alle condizioni di vivibilità dei luoghi. E se questo è vero per la storia dell’architettura moderna nazionale e non solo, a Reggio Calabria forse ci si può spingere oltre e parlare anche di una “non-architettura”, o ancora meglio e più precisamente di un’architettura sconclusionata, che manca cioè di una conclusione. Un’architettura “scunchiuruta” potremmo anche definirla, con un termine che nel nostro dialetto riesce a dire, ancora di più ed ancora meglio, la complessità di questo modo di agire. Le opere non finite o in perenne costruzione sono una costante del territorio e contribuiscono fortemente al senso di degrado. Un’architettura sconclusionata che s’innesta in uno spazio urbano ancora più spaesante, un paesaggio risultato non solo di una storia sofferta ma anche e soprattutto dalle scelte delle amministrazioni che si sono avvicendate nel governo della città, nessuna delle quali è riuscita a governare e controllare la crescita edilizia ed a programmare un serio piano di sviluppo urbano. Ma all’insensibilità o impreparazione delle classi politiche ed ai loro interessi elettorali, più corretto sarebbe ampliare la sfera di responsabilità anche al corpo della società, attribuendo un ruolo di volta in volta ad architetti, ingegneri e progettisti impreparati, imprese troppo attente al solo profitto, maestranze dimentiche delle buone regole dell’arte ad anche al cinismo degli speculatori che mercificano le aree libere. Così che nessuno si senta escluso, mai.
Una politica senza progetto per la nostra città è una politica che non possiede la forza e l’ambizione di volere e potere cambiare le cose, ed il progetto c’è già, non bisogna andare a cercare troppo lontano. Il progetto si chiama Costituzione, la carta che riunisce i valori e i principi su cui fondiamo la nostra vita comunitaria. Con l’art. 9 della Costituzione, «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», si riconosce all’arte ed alla cultura un valore centrale per tutti, per il popolo intero. Il giurista e politico Piero Calamandrei, nel suo Inventario della casa di campagna, ha scritto che il paesaggio toscano «ha dato il gusto dell’armonia e della gentilezza» a centinaia di generazioni. È un testo scritto nel 1941 e racconta di luoghi ancora in armonia con la natura e la bellezza.
È possibile che il paesaggio possa insegnare la gentilezza e l’armonia o al contrario togliere speranza e suggerire ingiustizia.
Investire nel patrimonio culturale è una scelta. Una scelta politica, per chi sa comprendere che la cultura e la tutela dei valori culturali costituiscono una leva decisiva per la crescita della comunità, uno strumento necessario e potente per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: art. 3 della Costituzione italiana.

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