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di Cosimo Magnelli –         Io, europeo medio, posso solcare questo confine quante volte voglio in su ed in giù, in su ed in giù. Mi fanno sorridere i difensori delle linee di frontiera, dei confini…

Viaggiare non è migrare. Viaggiare può essere un vezzo, una scelta di vita, una grande passione. Migrare vuol dire scappare, cercare la vita altrove, anelare spazi nuovi per vite nuove.

Difficile sentirsi migrante con gli occhi del viaggiatore. Abbiamo provato, impossibile riuscirci.

Proviamo ad immedesimarci, a metterci nei panni di chi si muove per vivere, forse ci può far sentire migranti viaggiare a piedi, cercare di coprire lo spazio e il tempo con la componente più umana che abbiamo e che ci connette alla terra. Non so se funziona.

In questo momento storico dove la frontiera, il confine, stanno tornando ad avere l’accezione di limite, abbiamo solcato più volte questa sottile linea che per molti e molte adesso è sinonimo di vita, morte; per altri di invasione ed esodo; per altri di tradizione ed identità, per noi di ricchezza e novità.

Abbiamo attraversato il confine, o almeno così dicevano le cartine, sotto l’acqua battente, e sull’ultima salita, guardando il gps, ci siamo accorti di essere sloveni.

Che assurda definizione il confine, come se la terra si potesse etichettare o catalogare, misurare e delimitare.

Sui sentieri che zigzagano tra Italia e Slovenia, cento anni fa, 500.000 morti: per un’idea di confine e di terra. Per cosa?

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