di Anna Arcudi –

Ho incontrato Adele Cambria nell’estate del 2014. A Reggio Calabria, in uno dei suoi frequenti ritorni da turista; più precisamente a Catona, località sul mare a nord della città, quasi la porta di ingresso sullo Stretto: il particolare non è un vezzo, perché le estati di Catona e quel tratto di mare e lo Stretto ricorrono spesso nei suoi articoli e nei suoi libri. L’apparente ritorno da turista è forse stato il suo modo di mantenere le giuste distanze, con un po’ di sano understatement, per continuare a indagare, ad approfondire, a raccontare un luogo destinato a restare sempre profondamente arcano, lontano, eppure al quale si appartiene visceralmente, continuamente distante- continuamente dentro di te.

Con le sue consuete generosità e curiosità ( e certo che nel dietro-le-quinte da intervistatrice sono finita intervistata!) Adele Cambria ha detto sì a questo incontro, che fa parte di un più ampio progetto di narrazione video: le ragioni e le emozioni che hanno motivato chi ha scelto di lasciare Reggio Calabria o di restarvi. Forse lei, da grande giornalista e scrittrice, è riuscita in entrambe le cose. La passione, la lucidità di analisi, la capacità di raccontare la grande storia a partire e dentro la piccola storia di questa piccola provincia italiana, le hanno consentito di non andarsene mai e di non tornare mai definitivamente.

Dall’esodo degli anni ’50, ai moti di Reggio, al calabrese viaggiatore del ventunesimo secolo, in questo estratto Adele Cambria sa raccontarci se stessa, le partenze/i ritorni, con la sua solita capacità di andare al cuore delle cose, senza retorica.

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