03-citta-polivalentedi Dario Nunnari-

Al viaggiatore stanco che ha sfidato strade tortuose e assetate, incomplete e sventurate, l’arrivo alle porte della città di Dolosa sembra un miracolo, percepisce la quiete e immagina il riposo, vede prosperità e pregusta il ristoro, avverte gli odori e assapora il piacere.

La città di Dolosa si presenta ingenua, quasi disponibile, fanciulla seminuda e accogliente, avvolta in un manto azzurro trasparente.

I riccioli d’un biondo grano le ricadono sulle spalle, maliziosi e pudichi ad un tempo.

Le placide spalle delle colline rapiscono lo sguardo, che osa spingersi non visto tra sinuose valli solcate appena da qualche goccia di sudore.

Appena il tempo di rubare un riflesso e ci si ritrae, per cortesia e vergogna, a lasciarsi accompagnare dolcemente verso il litorale su cui Dolosa si distende, grembo magnetico e insidioso.

Il vento è un sospiro vellutato che spinge e invita a sorridere, ad abbandonarsi e a lasciarsi sedurre.

Si è disposti a perdonare, a guardare e non vedere.

Il sole a picco rilassa il corpo e dispone la mente all’inganno.

E l’incanto fa il suo corso, si avviluppa tra desiderio e sogno senza rivelarsi.

Il viaggiatore stanco non sa e non può sapere, il pensiero vaga e non coglie, si rigira, sembra afferrare il particolare che sfugge.

Sembra tutto chiaro tra ombre così nette.

Eppure niente lo è, e l’inganno, a volerlo ascoltare, lo si coglie nella risata intuita appena, nella cortesia imperfetta, nell’accoglienza prepotente, nell’abbandono che invita ad assecondare, a lasciar correre, a farti abituare.

La città di Dolosa, con le sue promesse e i suoi miraggi, la sua solitudine e la sua anima, continua a sfuggire proprio davanti agli occhi del viaggiatore, nascosta dal velo criptato dell’evidenza, mostrando di sé solo ciò che non è suo: un abbaglio di stella lontana arrivato agli occhi dopo millenni di viaggio.

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