Terra dolorosa, terra perdente, terra d’esilio per chi è andato via e per chi è rimasto. Terra tenuta sempre in campagna elettorale, per seminare assistenza e clientele, per lamentare oblio e millantare riscatto. Terra colonia di se stessa, terra dell’abuso, del privilegio, della connivenza. Terra delle famiglie di ‘ndrangheta che tutti conoscono, che tutti sanno. Terra dei prestanome e dei prestavoto. Dell’economia in mano alla ‘ndrangheta, del pizzo pagato attraverso la distribuzione. Dove tu costruisci e loro bruciano, ricostruisci e loro ribruciano, nella spirale retorica di una ricostruzione che non è mai progetto, mai chiara scelta politica, mai decisiva rottura col sistema mafioso.

Terra dei negozi nelle vie principale con i commessi pagati a salari da fame; del lavoro a nero, del lavoro appeso alla prossima elezione, del lavoro pietìto a qualche politicante locale. Terra delle merde tossiche interrate in ogni dove. Della minaccia e del ricatto.

Terra di gente che resta in silenzio per tenersi la pace in tempo di guerra. La sopportazione è la regola nella selezione della specie. Terra dove chi denuncia è puttana, coglione, storto, pazzo e cornuto. Dove: Chi te l’ha fatta fare; Se ti hanno sparato qualcosa avrai fatto che non dovevi; Te la sei cercata.

Terra dove chi può va via e chi può resta come può. Terra dove i giusti restano isolati e restano giusti, nonostante tutto.

Terra dove si ignora chi ti ha bruciato l’auto, chi ti ha chiesto il pizzo, chi ti ha sparato il portone, chi ti ha chiesto la mazzetta, chi ti dà i soldi a strozzo, chi ti ha nascosto i veleni nelle montagne, chi ti ha rubato il futuro prendendo a sé il monopolio di ogni settore.

Terra del razzismo, dove il razzismo è armato. Dove il razzismo è al contempo condannato e giustificato, dove le tendopoli sono necessarie a mantenere i neri in regime di schiavi, perché altri un po’ meno schiavi italiani possano grattare qualche sussidio all’Europa e fruttare qualche spicciolo in più alle cosche. Perché i politici possano fare vetrina e sommare menzogna a menzogna. Terra dove si spara ai neri, a cadenza regolare, senza che cambi nulla.

Terra del “non ricordo”, “non so”, “non ho visto”. Terra dove si spara a chi raccatta lamiere, a chi raccoglie pietre per ricostruire, a chi pianta alberi, a chi difende i deboli.

In una terra così sono gli ultimi ad alzare la testa. I neri. A dire Basta!, a ricordare il numero della targa, il modello dell’auto, com’era fatto e com’era vestito, chi ha sparato. In una terra così sono i neri a raccogliere il testimone di Giuditta Levato. La ribellione al padrone, la lotta per il giusto salario e per la dignità camminano sulla gambe dei neri. Da lontano, dall’incontro e lo scambio con i popoli migranti ci sono arrivati il pane, il vino, i numeri, il vetro e ogni nostro sapere. Forse è per la stessa rotta che rammenteremo la dignità, la ribellione, la coscienza contro. Forse è per questa rotta che ci tornerà quel che abbiamo scordato. O così o niente.

Ci fosse un Soumaila in ogni campagna, in ogni città, in ogni quartiere, scala, pianerottolo. Ci fosse un Soumaila in ciascuno, a rivendicare la libertà che abbiamo ogni giorno, a rate, consegnata ai clan e ai loro gregari, alla peggiore classe dirigente che la storia conosca.

Ci fossero più e più Soumaila a dire che Basta, noi non ce ne andiamo più, andatevene voi. A dire: Siete voi gli unici clandestini, in questa terra! La ‘ndrangheta e chi la nega e chi la vota e chi ci fa affari e chi addossa ogni colpa ai migranti e chi semina odio per raccogliere consenso.

Clandestini voi, in questa e in ogni terra. Si perda il vostro nome.

Questa è la casa di Soumaila. Noi saremo Soumaila.

 

 

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