gramsci

di Pasquale Neri

 

Confermo le mie dichiarazioni rese alla polizia e al giudice istruttore. Sono stato arrestato malgrado fossi deputato in carica. Sono comunista e la mia attività politica è nota per averla esplicata pubblicamente come deputato e come scrittore dell’Unità. Non ho svolto attività clandestina di sorta perché, ove avessi voluto, questo mi sarebbe stato impossibile. … Se d’altronde l’essere comunista importa responsabilità, l’accetto”.[1]

Gramsci44, docufilm di Emiliano Barbucci sui giorni trascorsi dal fondatore del Partito Comunista d’Italia nel carcere di Ustica, è stato lo spunto per animare a Reggio Calabria un piccolo dibattito sulla figura di Gramsci educatore. Scrivo a partire da un evento locale, specchio, però, di quanto mi pare avvenga in Italia sulla figura di Gramsci e sul comunismo. Credo e mi auguro, perché lo merita davvero, che la distribuzione del docufilm Gramsci44 consentirà ulteriori incontri sul tema in altre parti d’Italia e quindi la mia riflessione possa contribuire al confronto in un panorama più ampio e articolato.

Senza la pretesa di possedere verità o capacità di analisi particolarmente importanti, provo a scrivere le mie sensazioni che nascono dalla piccola esperienza vissuta di “educatore militante” (Freire) e di intellettuale pubblico organico col popolo, in questo interpretando tre diversi concetti dello stesso Gramsci, di Enrique Dussel e di Alessandro Mariani.

Tutto è partito dalla sensazione, a tratti fastidiosa, che il film e il piccolo seminario di qualche giorno precedente alla prima, volessero presentare il pensatore sardo spogliato di una parte di sé. Presentarlo come uomo, come studioso, come intellettuale… non come uomo, studioso, intellettuale Comunista.

Eppure l’idea stessa di unitarietà come elemento che sintetizza, mescola, esalta le diversità, era parte integrante del pensiero gramsciano. E se non esiste modo di verificare quale Gramsci sarebbe stato senza la responsabilità comunista, allo stesso modo credo che rischi di apparire pretestuoso, fuorviante, poco rispettoso della sua figura, pensare di presentarlo senza uno degli elementi che ne hanno caratterizzato l’esistenza, i suoi scritti, il suo pensiero. Cioè l’essere comunista.

Gramsci educatore evoca il pensiero di don Milani, di Paulo Freire, di Danilo Dolci. Ed evoca le ragioni per le quali loro, e tantissimi altri grandi e piccoli educatori hanno speso la propria vita nel tentativo di favorire la creazione di opportunità per l’emancipazione, l’autodeterminazione e la liberazione del popolo, dei popoli. Ciascuno ha caratterizzato la propria vita, il proprio pensiero e la propria esperienza ( dall’i care all’educatore militante al metodo maieutico) ed è alla luce di questo che oggi è riconosciuto e rispettato; anche per Gramsci va usato lo stesso metro.

È per questo che la critica alla scuola gentiliana si dovrebbe accompagnare all’idea di scuola classista e fascista, cioè nemica del popolo e delle classi subalterne. Per gli stessi motivi leggere oggi la buona scuola alla luce del pensiero pedagogico di Antonio Gramsci non dovrebbe esimerci dal dire che è essa stessa una riforma nemica delle fasce di popolazione meno garantite. Ma è anche, essenzialmente, nella concezione e nella pratica, egualmente, modernamente, classista e fascista. Tralasciare questo particolare vuol dire tradire il rigore e la disciplina con cui Gramsci ha costruito il suo modo di interpretare il mondo. Le sue convinzioni sulla scuola e sulla pedagogia non sono state una cosa altra nel percorso che lo hanno portato a diventare il fondatore del Partito Comunista d’Italia, ne sono state parte integrante. L’educazione e la sua centralità nel processo di evoluzione degli individui, nel discorso gramsciano, è uno dei fattori fondamentali e si pone come fatto ideologico e politico, ma sicuramente pedagogico…[2]

Già al tempo dei suoi scritti giovanili era delineata, anche se non statica, la sua idea in campo politico-pedagogico e la dimensione dei valori che aveva sposato e per i quali lottava nelle battaglie politiche del tempo: “ L’esigenza di una cultura per il proletariato, la caratterizzazione di questa cultura in senso anti-positivistico e soprattutto la necessità di una sua organizzazione; la ricerca di un rapporto educativo che sottragga il proletariato alla dipendenza degli intellettuali borghesi; e infine il problema specifico della scuola, con tutto il dibattito sulla sua natura classista, sui suoi contenuti antiquati ed enciclopedici, sui suoi metodi paternalistici e mnemonici, e soprattutto sul rapporto tra istruzione umanistica e formazione professionale…[3]

Rileggerlo, oggi, spogliandolo della passione, dell’anima, della militanza che ne hanno caratterizzato vita, pensiero e prassi, significherebbe pretendere di misurare la grandezza di un’opera letteraria su degli assi cartesiani.[4]

Da educatore militante, o da aspirante intellettuale pubblico organico col popolo, credo che oggi, una rivisitazione del pensiero di Gramsci non possa prescindere dalla passione, dal prendere parte, dall’avere a cuore, dal parteggiare per il riscatto dei più deboli. E per recuperare qualche accenno sull’importanza della memoria, delle radici della nostra cultura, o di parte di essa, quella che qualcuno ha provato, e prova tutt’ora, a soffocare con spot, tweet, e lezioni in maniche di camicia, gesso e lavagna anni ’60, mi approprio di un brano di Calvino, un testo che aveva lo scopo di conservare e comunicare alle nuove generazioni l’anima della resistenza: Ormai tutti han famiglia hanno figli che non sanno la storia di ieri io son solo e passeggio fra i tigli con te cara che allora non c’eri. E vorrei che quei nostri pensieri quelle nostre speranze di allora rivivessero in quel che tu speri o ragazza color dell’aurora [5]. Questi versi, se costretti sugli assi cartesiani di un qualunque emerito professor Prichard, hanno poco o nulla da comunicare. Occorre lasciarsi invadere alla passione che trasudano, dalla speranza a cui tendono, per augurarsi di vederli rivivere ancora nelle nuove generazioni.

Ecco, far rivivere Gramsci senza la sua passione comunista e militante rischia di diventare un esercizio formale di ossequio a un intellettuale della specie che lui non apprezzava.

Un ringraziamento al compagno Emiliano Barbucci, per il coraggio e la bravura che lo hanno mosso nell’affrontare una sfida comunque difficile che mi pare brillantemente superata, e ai compagni del Circolo Arci di Reggio Calabria per l’organizzazione dell’incontro.

“…la vera pedagogia democratica consiste nel fare di ogni cittadino un governante, nel far coincidere governati e governanti, unificando il genere umano…” (A. Gramsci).

Perry:“Comprendere la poesia di Johnathan Evans Prichard, Professore emerito. Per comprendere appieno la poesia, dobbiamo, innanzitutto, conoscere la metrica, la rima e le figure retoriche e, poi porci due domande: uno con quanta efficacia sia stato il fine poetico e due, quanto sia importante tale fine. La prima domanda valuta la forma di una poesia, la seconda ne valuta l’importanza. Una volta risposto a queste domande, determinare la grandezza di una poesia, diventa una questione relativamente semplice. Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza. Un sonetto di Byron può avere valori alti in verticale, ma soltanto medi in orizzontale, un sonetto di Shakespeare avrà, d’altro canto, valori molto alti in orizzontale e in verticale con un’imponente area totale, che, di conseguenza, ne rivela l’autentica grandezza. Procedendo nella lettura di questo libro, esercitatevi in tale metodo di valutazione, crescendo così la vostra capacità di valutare la poesia, aumenterà il vostro godimento e la comprensione della poesia”.

Keating: “Escrementi! Ecco cosa penso delle teorie di J. Evans Prichard. Non stiamo parlando di tubi, stiamo parlando di poesia, ma si può giudicare la poesia facendo la hit parade?. Gagliardo Byron, è solo al quinto posto, ma è poco ballabile”.

 

[1]             Testo della dichiarazione resa da Gramsci il 30 maggio 1928 secondo la ricostruzione di Domenico Zucàro: cfr. Il processone, Roma, 1961, pp. 182-183, TRATTO DA: Sul fascismo / Antonio Gramsci, a cura di Enzo Santarelli. – Roma : Editori Riuniti, 1973. – 451 p. ; 19 cm. (Le idee. – Roma ; 85), in http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gramsci/sul_fascismo/pdf/gramsci_sul_fascismo.pdf, p.506

[2]             G. Guzzo in http://www.scuolaelmas.it/Gramsci/Gramsci%20pedagogista.htm del 20/02/2016

[3]             M.A. Manacorda, Il Pensiero Educativo in Gramsci, ed. Armando, Roma 2015 p. 29

[4]             Da L’attimo fuggente, 1989, di Peter Weir, dialogo, il prof Keating: “Ora aprite i vostri testi a pagina 21 dell’introduzione. Lei, Perry, vuole leggere il primo paragrafo dell’introduzione, intitolato: “Comprendere la Poesia?”

[5]             Oltre il ponte è un brano musicale scritto da Italo Calvino nel 1958 e musicato da Sergio Liberovici nel 1959.

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