C’è San Michele che uccide il drago, che non l’ha dipinto Antonello da Messina. È di una mano misteriosa, ignota si dice. Ma “ignoto” è un aggettivo che non va bene; si dice del milite, di chi inzacchera, di chi fa un delitto. Questa è una mano misteriosa e sapiente, che ha lasciato una tavola senza firma in qualche giorno del Quattrocento. Bisogna ricordarselo bene questo-autore-di-cui-disconosciamo-il-nome, perché è suo il dipinto ligneo più prezioso di Calabria.

Se vi volete bene, andatelo a vedere adesso che un restauro ne riporta la memoria. Cercate il cantiere al Museo San Paolo, per vedere com’è che parla la materia, come un restauro la racconta con verità, senza aggiungervi né togliervi nulla. Andateci anche adesso, tra gli odori di solventi e gli strumenti di analisi. Portate i bambini a bottega, portate chi dice che questo posto è perduto. Portateli a vedere com’è che si conserva l’arte, come si valorizza. Come si fa parlare il tempo che sedimenta nel legno. Ma non andate a conservare, a difendere, a valorizzare. Regalatevi la rivoluzione, andate a contemplare, a godervi questa primavera del San Michele. A Reggio Calabria.

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