school
di Carmelo Rosace

 

 

 

 

Ho letto con interesse l’articolo uscito su ilFuribondo La scuola è fin(i)ta, sull’ultima riforma della scuola a marchio PD. È interessante il paragone posto tra operai ed insegnanti, soprattutto per le questioni politiche e “di classe” (se ancora ha senso questa espressione) che implica. Condivido quando si scrive che un’intera classe intellettuale ha abdicato a se stessa e «non è riuscita a pensarsi al di fuori di un meccanismo precariato-assunzione, risolvendosi ad essere operaia specializzata del comparto istruzione».
Quello che mi lascia perplesso in tutte le analisi che ho letto sulla riforma della scuola è, mi si perdoni la brutalità, una sorta di “atteggiamento assolutorio” nei confronti degli insegnanti.
In altri termini, non credo che il problema siano loro, cioè chi fa le riforme, quanto piuttosto noi insegnanti, cioè quella classe intellettuale di cui si parla nell’articolo e che ha dimenticato il suo ruolo, finendo per descrivere, analizzare, interpretare il mondo, ma che è assolutamente incapace di cambiarlo. Per parafrasare Kant, la condizione dell’insegnamento è una sorta di stato di minorità che il corpo docente deve a sé stesso, uno stato di minorità che riguarda il riconoscimento sociale, il riconoscimento economico e persino il ruolo all’interno della comunità. Tale stato è riconducibile ad una questione che non ha nulla a che vedere con le riforme e nemmeno con l’incapacità della politica, ormai organo esecutivo della tecnica e delle regole del mercato, di comprendere un ruolo come quello dell’insegnante: l’incapacità del corpo docente di farsi davvero corpo.
Gli insegnanti in Italia non sono un corpo, sono invece tante individualità che inseguono sempre più l’individualità. Non c’è solidarietà di classe (cosa che una volta contraddistingueva gli operai), non ci sono piattaforme programmatiche comuni, non c’è nemmeno solidarietà intergenerazionale.
Non c’è un corpo docente in Italia, ci sono soltanto degli insegnanti.
Questa frammentazione garantisce la presa sulla realtà di tutte quante le riforme possibili e legittima quella mancanza di riconoscimento sociale ed economico di cui tutti gli insegnanti si lamentano ma che nessuno sa come affrontare.
Quello che manca è una coscienza di classe (di classe intellettuale) e, allo stesso tempo, la capacità di organizzarsi. Il dissenso che si palesa nelle analisi e nelle discussioni va organizzato. Soltanto attraverso l’organizzazione di questo dissenso il corpo docente sarà davvero percepito dall’opinione pubblica e dalla politica; soltanto attraverso l’organizzazione il corpo docenti può davvero diventare corpo, costituirsi come presenza politica reale all’interno della società.

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