reggio

 

 

di Giacomo Marino –

 

Le città, in cui oggi viviamo, hanno una struttura preordinata che genera in modo diretto e puntuale l’emarginazione sociale; quella che, paradossamente, gli amministratori della città si prefiggono di “contrastare” dopo averla prodotta .

Ma la città non è sempre stata così, era nata per avvicinare gli uomini, facilitare il commercio, lo scambio e la produzione collettiva dei beni, permettendo d’organizzare la divisione sociale del lavoro. Per molti secoli la città è stata una rete aperta di relazioni tra persone, un’organizzazione economica, sociale e politica a “misura di persona” ( M. Agier, 1999). Ma oggi siamo nell’era della “non-città”.

Dopo la rivoluzione industriale, ma soprattutto negli ultimi decenni, la città ha assunto un modello urbanistico, zoning, che prevede la divisione del territorio urbano per funzioni ed in rapporto al movimento dei mezzi veloci. In questo modo è stato lacerato il tessuto urbano e sociale, è stata recisa, in gran parte, la rete delle relazioni sociali che costituiva la base organizzativa della città e sono stati realizzati i ghetti urbani. Luoghi dove vengono concentrate le famiglie più povere; “gabbie sociali” che garantiscono la completa emarginazione delle persone più deboli dal contesto urbano funzionante.

La vita in città è sempre più frammentata: nelle politiche di gestione, nei percorsi, nelle rappresentazioni. Per alcuni abitanti essa è scandita dal ritmo dei flussi tesi delle autostrade, delle linee ferroviarie o aeree e delle reti hertziane lungo le quali circolano le persone, le merci e le immagini … Per altri, essa è confinata in spazi caratterizzati dal cumulo delle carenze: mancanza di alloggi, di lavoro, di sicurezza, ecc…. Il mondo della città si dissocia mentre è, in questo volgere del secolo, il principale habitat degli abitanti del nostro pianeta”. ( M. Agier, 1999)

Molti studiosi sostengono che ,oggi, la città risulta divisa in tre parti: la prima è la città globalizzata generica, anonima, quella che però detiene le funzioni principali ed è operativa; la seconda è la città incerta ed in bilico tra successo e fallimento, la banlieu, il luogo del bando tra inclusione ed esclusione; la terza è la “città nuda”, quella deprivata di tutto, quella della completa emarginazione, quella che costituisce il primo territorio di dominio della malavita organizzata.

Nonostante la situazione urbana sia fortemente critica, dei piccoli segnali di speranza emergono.

Negli ultimi anni, movimenti, associazioni, esperti e famiglie si sono impegnati per un “esodo” di ritorno alla città inclusiva. Questa piccola parte di cittadini opera per ricostruire la rete relazionale, per tentare di modificare quell’urbanistica e quelle norme che hanno sviluppato il modello di “non- città” e quindi per consentire il ritorno ad una “città a misura di persona”. Ma per il successo di questo “esodo” è necessario l’aiuto di tante altre persone.

 

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