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– di Pasquino de’ Furibondis –

 

 

C’era una volta un bambino di nome Domenico. Il classico tipetto che quando perde si porta via il pallone. Uno strano, con un ego spropositato, manie di controllo, e un’ambizione sfrenata. Ha una dote innata, Domenico: fiuta in anticipo l’odore della tempesta e lascia la barca molto prima degli altri. Uno che tifa sempre per chi vince, che tifa per tre o quattro squadre di calcio in contemporanea che non si sa mai. Un futuro olimpionico del salto sul carro dei vincitori. Ma Domenico nostro ci tiene a passare per uno coerente, e che nessuno si azzardi a ricordagli di quando era chessò veltroniano: fulmini e saette deviate colpirebbero il malcapitato in men che non si dica.
Ma come ci riesce a ottenere sempre quello che vuole? Il perché è presto detto: è uno tosto, Domenico nostro, il terrore della scuola, uno che archivia in un bel dossierone tutte le magagne dei compagnucci di classe, e se uno gli sta poco poco sulle scatole manda una bella lettera anonima alla maestra. Il potere gli piace, tanto che quando si guarda allo specchio, si sente un dio. Va da sé, come ogni supereroe che si rispetti serve un nome d’arte, e lui sceglie di chiamarsi Marco.
Da ragazzo Domenico, o Marco, era in fissa per i film di spionaggio e per le saghe dei templari, però non lo diceva a nessuno perché al tempo andava di moda essere comunisti, e tutta questa roba di guardie e crociate non è che gli faceva fare bella figura. A un certo punto tutto questo alone di mistero ha cominciato a piacergli.

Con un profilo del genere il nostro cavaliere non poteva che avere una carriera scintillante, costellata da tante sconfitte di Pirro. E già perché non va molto d’accordo con la democrazia rappresentativa e di solito perde anche nei collegi d’istituto blindati. Ma non c’è problema, un posto da sottosegretario ai servizi di informazione e sicurezza scolastica si trova sempre. Che gli vuoi dire, dopo tutti i film che ha visto ci sa fare nell’ufficio affari sporchi, porta in dote tanti ricchi sponsor, e a un certo punto lo fanno pure viceministro e poi ministro.

Uno che viene dal Pci e che comanda al Viminale fa un effetto strano.

Certo nessuno si aspettava un ottobre ’17, ma nemmeno la riapertura immediata dei Cie e la propaganda sulle espulsioni di massa. Certo, il lettore attento dirà: non è la prima volta, anche Napolitano non s’è fatto scrupoli a sbattere i migranti nelle non-prigioni. È vero, però neanche il nosferatu migliorista era arrivato a concepire un’intesa con la Libia per levarsi dai coglioni tutti quei barconi carichi di terroristi. Va bene, caro lettore, non essere pedante, lo ricordiamo l’accordo tra il berlusca e la buonanima di Gheddafi.

Come dici, lettore? Ma Silvio non è di destra? E Marco nostro non dovrebbe essere diciamo di centrosinistra? Guarda non ricordo, ma ti do un consiglio: fatti un bel passaporto straniero e comincia a cambiare aria, che siamo solo all’inizio.

 

 

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