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– di Sara Scudero –

 

“Sara, kharsi! Albahr! Scioufi! Albahr!!!”

Il treno da Roma ad Acireale si avvicinava finalmente alla costa e dal finestrino si era improvvisamente materializzato il mare. I dieci bambini, come impazziti, si erano alzati e saltellavano qua e là urlando in coro “Sara, guarda! Il mare! Guarda! Il mare!!!” per poi incollarsi, in contemplazione, ai finestrini.

 

Da quando la mattina avevo spiegato loro che intorno alle diciannove il treno sarebbe entrato dentro una nave per attraversare il mare, avevano iniziato a chiedere che ore fossero all’incirca ogni dieci minuti. Non stavano nella pelle e finalmente, questo mare sconosciuto aveva fatto capolino, ancora irraggiungibile, dal finestrino. Saliti sul traghetto l’emozione si quadruplica, i bambini corrono da un ponte all’altro, la maggior parte di loro, affascinati, quasi si arrampica sulle ringhiere, una bimba spaventata invece sta alla larga rifugiandosi lontano dai parapetti, attaccata ora a me, ora a Tislim.

 

Tislim è la loro accompagnatrice, figura fondamentale per il progetto e, così come Tag, Jadiyetu, Minetu, Jadiyetu, Ahmed, Mohamed, Baricala, Hafed, Chrif e Mohamed Saleh, è una sahrawi. Il gruppo viene dal deserto, dai campi profughi situati in territorio algerino, dove una parte del popolo sahrawi vive dal 1975 quando sono stati costretti a fuggire dal proprio territorio a causa dell’occupazione marocchina. Da più di quarant’anni i sahrawi hanno lasciato il Sahara Occidentale, ricostruendosi una vita e ricostruendo con forza e coraggio i loro villaggi nella hamada, un deserto inospitale. Lì sono sorte tende, case di sabbia, scuole, pozzi, ospedali. Lì i sahrawi hanno affermato la Repubblica Araba Sahrawi Democratica e hanno ricominciato le loro vite, scegliendo in seguito, dopo anni di guerra cruenta, di abbandonare le armi per tentare di rientrare nel loro territorio in maniera pacifica, tramite un referendum di autodeterminazione (il piano delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale)che ancora non ha avuto luogo a causa dell’opposizione del Marocco.

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Ogni estate, dal deserto, gruppi di piccoli ambasciatori di pace si spostano presso l’aeroporto di Tindouf (Algeria) raggiungendo poi Algeri e da lì i vari paesi che ospitano i progetti accoglienza. In Italia quest’anno ne sono arrivati 200, ogni gruppo è accompagnato da un adulto sahrawi e viene ospitato da un’associazione che si prenderà cura del gruppo per due mesi. In Italia è l’ANSPS (Associazione Nazionale di Solidarietà con il Popolo Sahrawi), insieme alla rappresentanza del Fronte Polisario, a gestire il progetto “Bambini sahrawi ambasciatori di pace”. Quest’anno in Sicilia, ad Acireale, è Terra Futura, con il progetto “Mi Casa Es Tu Casa” ad occuparsi di accogliere i bambini in un clima più mite rispetto a quello dei campi profughi, evitando loro le alte temperature raggiunte nel deserto nei mesi estivi. L’associazione si è occupata delle visite mediche, dell’alimentazione, dei vestiti, delle varie attività, degli incontri con famiglie e amministrazioni per diffondere a macchia d’olio la storia di questo popolo senza terra in attesa da quarant’anni di un referendum che gli permetta di godere del diritto all’autodeterminazione. Nei due mesi fuori dal deserto i bambini hanno scoperto una cultura nuova e diversa, hanno svolto attività ricreative, culturali, sportive, artistiche, si sono confrontati con bambini della loro età, hanno promosso atti concreti in difesa dei diritti del loro popolo (a tal proposito è possibile firmare la petizione per il referendum su http://www.westernsahara-referendum.org), hanno testimoniato la loro storia e la lotta del loro popolo.

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Sono state settimane di continuo stupore davanti ad ogni scoperta: le montagne, il mare, la piscina, i negozi, gli animali, le piante, la varietà degli alimenti, la frutta e la verdura fresche. Sono stati due mesi di continua euforia, grida di gioia e di meraviglia, frasi in arabo che abbiamo compreso grazie ai gesti e all’espressione dei loro occhi, profondi come il mare che non avevano mai visto.

“Per i bambini che tornano dall’estero, il mondo non è più soltanto la guerra e il deserto, ma anche case, treni, aerei.” (HandoudFarek).

 

Per noi è stato un continuo confronto, un creare legami che vanno oltre le differenze culturali, religiose, linguistiche. Una sfida, uno scambio di esperienze e di emozioni che, senza alcun dubbio, ci ha permesso di guardare il mondo con occhi diversi, più ricchi e più consapevoli.

Sahara libre!

 

ContattiFb: Mi Casa Es Tu Casa – Progetto Sahrawi Acireale

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