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Per restare alla metafora calcistica: se Angela Marcianò è Van Basten, Giuseppe Falcomatà è Pirlo. Un Pirlo particolare, capace di regalare un assist dietro l’altro agli avversari, interni ed esterni. Dall’inizio del suo mandato ad oggi è riuscito a rodere quell’ampio consenso con cui era stato eletto; consenso di disperazione, forse, più che di convinzione, dopo la tragedia (per Reggio) dell’epoca scopellitiana. Confidando esclusivamente nel suo cerchio magico ha mantenuto i suoi ultras, ma perduto numerosi tifosi timidi e meno timidi.

L’evidente assenza di un progetto culturale e di identità per la città non ha permesso di sostituire l’immaginario funesto del Modello Reggio con un immaginario più limpido e reale. Oggi Falcomatà paga uno per uno i suoi errori di presunzione, una eccessiva attenzione all’apparenza e all’apparizione, i tatticismi improvvidi, l’idea che a vincere in politica sia chi porta più voti. Oggi in politica diventa leader prima di tutto chi la racconta meglio, chi fa una narrazione più convincente. I voti vengono dopo. Prima l’eroe.

Oggi ci troviamo davanti alla resa dei continui errori, alla sintesi dell’improvvido Pirlo: la defenestrazione di Angela Marcianò all’indomani della nomina alla segreteria PD. Volete che anche il più puro lettore non pensi ad una vendetta? E dopo la lettera dell’ex assessore, chi è dalla parte della giustizia e chi dei vecchi poteri reggini?

In questo bailamme si evidenzia ancora di più l’enorme incapacità comunicativa dell’amministrazione. Involontariamente la narrazione che emerge di Angela Marcianò è: una donna sola contro tutti. E gli altri assessori? Tutti vicini ai vecchi poteri, alle vecchie ritualità scopellitiane, alle trame occulte? Pur con tutta la dietrologia possibile, non lo crediamo!

Non crediamo che, uno per uno, gli altri assessori abbiano giocato a carte piuttosto che amministrare o che abbiano proseguito nelle vecchie dinamiche reggine. Non ci stiamo ad una narrazione fatta con l’accetta, ad un immaginario cittadino che va creando il mito di Atlante che da solo(a) regge la legalità nell’amministrazione.

Perché se non abbiamo mai visto una Svolta, almeno un Risvoltino sì. È evidente la differenza con la gestione Scopelliti ( e con l’erede Arena). Evidente ma insufficiente e inefficace. Falcomatà ha la grande responsabilità di aver fatto perdere a Reggio la possibilità di una vera trasformazione. Se avesse assecondato la spinta e la passione della città all’indomani della sua elezione, oggi non saremmo a questo punto. Se si fosse lasciato “convertire” dalla città che al tempo di Scopelliti aveva mantenuto la schiena diritta, tenuto la barra dei diritti in una città senza diritti, mantenuto una dignità culturale nonostante Rtl e lo scialo delle notti in Via Marina. Se avesse raccolto attorno a sé questa città e non quella dei portavoti pieni di ambizione e privi di esperienza e degli amici, oggi racconteremmo un’altra storia.

Ma tant’è. Forse è ormai tardi.

Oggi si staglia all’orizzonte della città l’immagine di Angela Marcianò. Sindaco in pectore, se lo vorrà.

Una fantasia: a leggere dal 2015 ad oggi le note positive dei vecchi e nuovi scopellitiani (le trovate con una facilissima ricerca on line) verso l’assessore Marcianò, verso la sua onestà intellettuale, la sua dirittura morale… viene da chiedersi: com’è possibile? Improvvisamente divenuti osservatori leali? Com’è possibile che oggi dalla stessa parte della barricata si trovino i movimenti per la legalità e i sodali di Scopelliti? Peraltro questi ultimi da un periodo di tempo più lungo, quasi nell’immediatezza della nomina con alti e bassi fino ad oggi.

Viene in mente la storia del cavallo di Troia? E il cavallo di Troia sapeva di esser tale? Sono solo fantasie.

Ma se in un domani poco lontano emergesse una coalizione cittadina di destra e (poca) sinistra attorno ad Angela Marcianò e ricomparissero, rientrati dalla finestra, i vecchi nomi del Modello Reggio o chi per loro, voi che pensereste? Credete che basti una sola persona ad impedirlo?

Voi ci credete, in una città come Reggio Calabria, alla storia che non ci sono differenze tra destra e sinistra? Dove essere di destra ha significato condividere e/o non prendere posizione sul Modello che ha consegnato la città all’agonia? Ci credete che non faccia differenza?

E se questo alla fine fosse il modello di accordo con cui Renzi spera di governare, facendo patto con Berlusconi e Alfano? Se Reggio ne diventasse un laboratorio?

Che ne direste?

Citereste forse Andreotti col suo “a pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca”?

Noi, molto più popolarmente, penseremmo all’ennesima Supercazzola per Reggio.

 

Il Furibondo

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