sentinella

di Valentino Scordino –

Le mani sulla città non sono solo quelle che ghermiscono, rapinano, violentano. Ci sono mani che coprono, proteggono, custodiscono, difendono, costruiscono. Le comunità degli uomini, nel tempo e nello spazio, sono prodotte e tenute in vita da queste mani. In ogni momento e in ogni città ci sono delle “sentinelle” che stanno sugli spalti e scrutano l’orizzonte perché questo è il loro compito. E lo portano avanti con la dedizione di chi sente la responsabilità di prendersi cura di coloro che vivono entro le mura. Non sono immuni dai rigori notturni, dalle paure, dalla spasmodica nostalgia per il giorno che tarda a venire. E tuttavia non abbandonano il loro posto e non smettono di rassicurare il cittadino che, trovandosi nelle tenebre, chiede loro, più e più volte, “sentinella, quanto resta della notte?”.
“La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato, sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato…Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate ancora se lo volete, non vi stancate”…Questa è la loro risposta. Hanno lo sguardo lungo, le sentinelle, occhi che sanno vedere lontano, anche nell’oscurità. Hanno ben affinato l’udito e sanno distinguere ciò che può essere veramente un pericolo da ciò che è un normale rumore della notte.

Ma chi sono le sentinelle?

Una di loro: Don Giuseppe Dossetti, uno dei nostri più illustri Padri Costituenti, al vertice della sua vita politica (era stato partigiano, costituente, deputato, membro del governo, vicesegretario della DC) piantò tutto e si fece monaco (dando vita ad una nuova comunità religiosa, i Piccoli fratelli e sorelle dell’Annunziata). Nel 1994, alla rispettabile età di 81 anni, preso dal timore che la Carta Costituzionale e il nostro Paese potessero essere stravolti, sotto gli influssi dei venti funesti che cominciavano a imperversare sull’Italia e l’Europa, non esitò a radunare comitati e costituzionalisti, a viaggiare in macchina per tutta la Penisola, parlare nelle università, nelle piazze, per impedire pericolose derive autoritarie che volevano stravolgere i nostri principi democratici. Il bellissimo libro che ispirò quei giorni di impegno, Dossetti lo intitolò, significativamente appunto, “Sentinella quanto resta della notte?”.

Anche oggi la Carta Costituzionale – e la storia recente entro cui quella Carta è stata scritta- sono sferzate da attacchi pericolosi. Qualche giorno fa, all’indomani del 25 aprile, gli editoriali di alcune importanti testate nazionali hanno pensato bene di aprire mettendo in discussione il valore della Festa della Liberazione. Un quotidiano tradizionalmente di centrosinistra come Repubblica ha dedicato poco e niente spazio all’importante data. Del resto anche Renzi ha salutato il 25 aprile con una timidezza per lui inconsueta. I soliti ignoranti ad ogni costo hanno rispolverato i discorsi sulla pari dignità dei Partigiani e dei giovani repubblichini di Salò. E hanno elencato i crimini che hanno commesso anche delle sedicenti bande partigiane.

Per l’occasione un mio amico carabiniere ha fatto cenno al barbaro assassinio di dodici carabinieri ad opera di una banda partigiana. Ho evitato di rammentargli Salvo d’Acquisto, l’appuntato Fortunato Caccamo passato dalle torture del carcere di via Tasso e poi fucilato a Forte Bravettta, i dieci carabinieri trucidati alle Fosse Ardeatine, i 2700 carabinieri deportati nei campi di concentramento, i 20 carabinieri uccisi dai nazifascisti durante la difesa di Roma e tutti gli altri martiri che scelsero di restare fedeli al loro giuramento ed entrarono nella Resistenza. I morti meritano tutti rispetto e non si fa alcun tipo di graduatoria. Ma sulle scelte sì, su queste DOBBIAMO FARE una distinzione. La scelta di chi ha accettato l’alleanza e la complicità con l’invasore, con le leggi razziali, di chi è stato parte attiva nelle deportazioni, nei rastrellamenti, nelle rappresaglie contro popolazioni inermi e innocenti (Marzabotto e Monte Sole, S.Anna di Stazzema…), di chi è stato parte attiva nelle torture e nelle impiccagioni, non è assolutamente paragonabile né può essere messa sullo stesso piano della scelta di coloro che hanno combattuto il nazifascismo e con la loro scelta hanno restituito dignità a tutto un popolo. La Resistenza non ha avuto un solo colore. Queste “sentinelle” erano donne, preti, operai, intellettuali, contadini, soldati. Il problema per cui oggi si è messo in dubbio il valore della Liberazione dipende dal fatto che si è camuffato un colpo di spugna con una pacificazione. E questa grande mistificazione si è tradotta nella logica criminale del mettere tutti sullo stesso piano. Senza aver mai fatto i conti fino in fondo col passato. Non ci può essere riconciliazione senza aver prima ristabilito le verità storiche. E il nostro Paese non ha mai avuto questo coraggio. Abbiamo commesso il grave errore, per un buonismo ipocrita e becero, di mettere tutti sullo stesso piano, fornendo alibi e giustificazioni anche a chi fece, chiaramente, la scelta sbagliata. Il risultato è che oggi assistiamo a derive autoritarie nella politica, a rigurgiti di fascismo, razzismo, xenofobia di vario tipo e natura.

In Europa e nel mondo le cose non sembrano andare molto meglio: e così si ricominciano ad alzare muri, filo spinato, a soffiare sul fuoco dell’intolleranza. Hofer in Austria, Trump negli USA, Salvini in Italia, Orban in Ungheria, Wilders in Olanda – l’elenco sarebbe lungo- sono espressione di questo clima culturale, di questo tempo, di questa nuova notte in cui siamo precipitati. “La Resistenza continua!” è un’espressione che smette di essere slogan e si riempie di significato e di concretezza. E mentre si riafferma in noi la volontà di non assistere nel silenzio e nell’indifferenza a questo precipitare nelle tenebre, mentre si afferma la volontà di un rinnovato impegno politico e culturale per contrastare i fascismi nelle loro varie forme, palesi e occulte, con cui si manifestano, ancora si alza il grido rivolto a tutte le sentinelle del mondo: “quanto resta della notte?”. In mezzo alle città questa domanda riecheggia.

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