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– di Valentino Scordino-

La democrazia è certamente una delle più grandi intuizioni e conquiste di cui dobbiamo essere grati alla cultura occidentale. Ci piacerebbe che fosse così…Potremmo continuare a consolarci nel culto di questo mito. Un po’ come facciamo, parlo delle mie latitudini, quando, davanti e nonostante lo sfacelo che ci circonda, ribadiamo le nostre nobili radici nella Magna Grecia o ci riferiamo malinconicamente ai fasti della “Reggio bella e gentile”. Come se questo potesse assolvere o giustificare il Niente di oggi. Amartya Sen, premio Nobel per l’economia 1998, nel suo breve saggio “la democrazia degli altri” (Mondadori 2010), smentisce il mito della democrazia come invenzione occidentale, con ampi riferimenti storici secondo i quali delle forme di partecipazione, dibattito e confronto democratico erano già presenti presso numerose popolazioni asiatiche e africane, prima e contemporaneamente alle poleis greche. Neanche questa consolazione nostalgica ci rimane! Bisogna però riconoscere che i Greci e l’Occidente abbiano sviluppato e perfezionato enormemente la democrazia. Noi oggi potremmo vivere e agire nel migliore dei mondi possibili. E questo sì, occorre dirlo con convinzione, è uno dei tesori più grandi che dovremmo amare, custodire, accrescere e difendere contro tutti i suoi numerosi nemici. Che sono davvero tanti. I più pericolosi sono quelli meno evidenti ma più potenti ed efficaci. Certamente occorre attrezzarsi urgentemente per contrastarli. Ma su questo tornerò dopo. Prima è necessario ribadire qual è il valore inestimabile della democrazia e cosa stiamo rischiando di perdere.

La democrazia, per mezzo della partecipazione universale, del dibattito, del confronto tra diverse argomentazioni, permette la più ricca, autentica e complessa relazione dell’individuo con la società. Solo attraverso questa relazione dialettica può realizzarsi quello che tutti riconosciamo come Bene Comune e che implica la possibilità per tutti, nessuno escluso, di poter vivere secondo standard soddisfacenti in termini di dignità e attuazione piena dell’Umanità che è in ognuno.

La condizione che rende possibile tali realizzazioni è che la democrazia si fonda sul controllo dell’apparato di potere da parte dei controllati e, con ciò, viene impedito il rischio dell’asservimento ad un potere che potrebbe diventare dispotico, corrotto, violento.

Ma la democrazia è molto di più di un semplice regime politico. E’ un modo di guardare la vita. E’ uno straordinario fermento dinamico che continuamente si rigenera. Deve essere un circolo virtuoso in cui costantemente i cittadini producono la democrazia e la democrazia produce i cittadini.

Cittadino è una parola e un concetto bellissimo. Dico sempre ai miei studenti che uno dei più grandi doni della Rivoluzione Francese è stata la scelta di far precedere il cognome di tutti da questo appellativo. Cittadino, appunto. In una società di eguali, tutti sono cittadini. Non onorevoli, non eccellenze, non dottori, non illustrissimi. Ma a noi questo magnifico appellativo non basta. Dobbiamo creare gli opportuni distinguo e le separazioni.

Questo semplice ma ricchissimo concetto, dovrebbe essere tanto più caro e prezioso (con relativa difesa ad oltranza!) a chi ha vissuto la drammatica e terribile esperienza di vivere in un regime autoritario. E invece, dalle nostre parti, i rigurgiti e i vomiti fascisti sono ordinaria amministrazione. La Resistenza e la sua memoria dovrebbe rappresentare anche questo: la cassetta degli attrezzi per impedire definitivamente il ritorno ad un regime che è la negazione stessa della vita.

La democrazia ha bisogno del consenso della maggioranza dei cittadini e del rispetto delle regole democratiche. Ma oltre che dal consenso, la democrazia ha bisogno di diversità e antagonismi.

La democrazia presuppone e si nutre della diversità degli interessi così come della diversità delle idee. Per salvaguardare la vita democratica occorre proteggere la diversità delle idee e delle opinioni, nonché quella delle fonti dell’informazione. Karl Popper, nel suo saggio “la società aperta e i suoi nemici” sostiene che il progresso della civiltà passa dalla disponibilità ad accogliere più idee possibili. Più numerosi sono i contributi più sono garantite la bontà e l’efficacia della scelta finale. Oggi, invece, ci dicono che questo rappresenta un limite, che impedisce la governabilità, che rallenta le decisioni. Questo è uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori delle riforme costituzionali e del sì al referendum. Purtroppo è anche l’anticamera per la realizzazione di una “società chiusa”, autoritaria.

Le democrazie sono fragili. La loro fragilità risiede nella loro stessa caratteristica di apertura, di dialogicità. Vivono di conflitti ma questi possono sopraffarle. Il caso del nostro prossimo referendum istituzionale è esemplare (ma potremmo citare tantissimi altri esempi). Personalizzare il conflitto, spostare le questioni su elementi accessori piuttosto che su quelli sostanziali, trattare i cittadini da ignoranti incapaci di prendere decisioni autonome, tutto questo è, senza mezzi termini, autoritarismo. E ciò comporta l’espropriazione del diritto di scegliere autonomamente e consapevolmente col pretesto che si tratta di questioni molto “complicate” che possono prendere solo gli esperti.

La politica, che è la più importante espressione della cittadinanza, diventa così la prerogativa esclusiva dei professionisti e degli esperti. Così essa smette di essere tale e diventa tecnica, amministrazione, economia, matematica dei sondaggi e delle statistiche. Allontanandosi dalla vita, dai bisogni delle persone, dal Bene Comune, sortisce l’effetto di allontanare i cittadini e il potere dispotico raggiunge così il suo obiettivo di annullare la democrazia.

Il livello locale dovrebbe essere il luogo più adatto, più efficace per esercitare il diritto/dovere di partecipazione. Nell’amministrazione della mia città, questa sarebbe stata la svolta autentica: rigenerare gli organismi e gli istituti, più numerosi possibili, per favorire il contributo di idee dei cittadini.

A questo punto, l’elenco dei potenziali (e di quelli reali!) nemici della democrazia, si fa tanto lungo. Tanto più lungo quanto più sono acute le capacità di analisi e la coscienza critica del cittadino che osserva. L’unica via di uscita è quella di riassumersi tutte le responsabilità che derivano dall’onore/onere che comporta l’essere Cittadini. Dobbiamo rigenerare la democrazia attraverso una ripresa della partecipazione a tutti i livelli, attraverso una riscoperta della solidarietà verso tutti gli uomini e verso la nostra Terra.

Da insegnante sento di dire (cosa molto ovvia, tra l’altro) che la democrazia s’impara prima di tutto nelle aule scolastiche. La scuola dovrebbe essere il luogo dell’apprendimento del dibattito, della ricerca accurata delle e sulle idee, sulle fonti, dell’arte del dialogo e del dibattito argomentato. A scuola occorrerebbe imparare anche la capacità di de-centrarsi, de-costruirsi per poter comprendere il pensiero e il punto di vista degli altri, a saperli ascoltare, a saper rispettare le posizioni minoritarie. Questa sarebbe la Buona Scuola da costruire orientando tutte le energie di un regime autenticamente democratico. Invece tutti i processi messi in atto dalla legge 107 sono volti a limitare le forme di partecipazione, a concentrare i poteri nelle mani dei dirigenti, ad accrescere il ruolo della burocrazia e dell’amministrazione piuttosto che quello politico e democratico.

Purtroppo è dominante il grande male della rassegnazione allo stato delle cose. Accettiamo. Accettiamo tutto in silenzio. Perché non crediamo che un altro mondo sia possibile. Perché, spesso, non conosciamo neppure un altro mondo possibile. La propaganda e il controllo delle fonti dell’informazione sono gli strumenti privilegiati dei regimi autoritari e, non a caso, l’Italia al 77° posto (su 180) per la libertà d’informazione, secondo Reporter senza frontiere. Per dare una giusta conclusione a questo articolo, non posso che proporre quello che Gramsci proponeva come strada per costruire democrazia ma anche come antidoto al male autoritario: «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».

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